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SUL PEZZO

DIANA BRACCO: DAL CEBION ALLA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI ALLA CONQUISTA DEL MONDO

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Chi non ha preso un Cebion? Nel 1934 fu Elio Bracco a metterlo in commercio. Solo 7 anni prima aveva fondato a Milano la società italiana prodotti E. Merck che nel 1930 prendeva il nome di Italmerck, quindi, nel 1936, di Anonima Bracco. Risale al 1931 il primo stabilimento, e solo quattro anni più tardi i dipendenti salgono a 82 dagli iniziali 17, così divisi: 41 operai di cui 30 donne, 26 impiegati, 12 tra chimici, tecnici, medici e 3 dirigenti. La storia della famiglia Bracco si intreccia con la storia dell’industria chimica italiana, e non si arresta né per la seconda guerra mondiale né per la crisi delle aziende farmaceutiche degli anni Settanta, una crisi che Bracco supera investendo con lungimiranza in ricerca e sviluppo e, poi, con un ambizioso piano di internazionalizzazione basato anche su acquisizioni rilevanti come quella della società Squibb Diagnostics negli Stati Uniti.

Oggi il Gruppo Bracco, che in Italia ha grandi insediamenti industriali e un Centro di Ricerca e Sviluppo a Colleretto Giacosa, in provincia di Ivrea, occupa circa 2.800 dipendenti e nel 2010 ha realizzato un fatturato di oltre un miliardo di euro, di cui più del 70 per cento nei mercati esteri. L’azienda possiede un patrimonio di 1.500 brevetti e investe annualmente in ricerca e sviluppo oltre l’11 per cento del giro d’affari di riferimento. Attualmente il Gruppo opera nei settori della diagnostica e della strumentazione tramite la Bracco Imaging, e l’Acist, azienda specializzata nei dispositivi medicali e nei sistemi avanzati di somministrazione di mezzi di contrasto. Nella terapeutica e nei servizi, invece la società è presente in Italia con la Divisione Farma, che si occupa di specialità etiche e prodotti da banco, e con il Centro Diagnostico Italiano di Milano, che fornisce prestazioni specialistiche a cittadini e imprese.

Presidente e amministratore delegato del Gruppo è Diana Bracco, che è subentrata al padre Fulvio. «Dopo il Liceo, la scelta della Facoltà non fu per me un passo facile: perché ero affascinata dalla professione medica, ma la chimica e l’impresa avevano fatto parte della mia vita sin dall’infanzia», racconta la Bracco che è laureata in Chimica nell’Università di Pavia e ha due lauree honoris causa in Farmacia e in Medicina. «Alla fine scelsi la chimica, e a distanza di tanti anni posso dire che quella decisione si è rivelata felice, perché mi ha dato un grande aiuto lungo tutto il corso della mia carriera imprenditoriale, e in particolare si è rivelata utile per comprendere i processi industriali».

Seguendo le tradizioni familiari, Diana Bracco ha ricoperto numerosi incarichi all’interno della Confindustria: è stata presidente della Federchimica, è stata la prima donna a guidare l’Assolombarda, la potente associazione degli industriali milanesi, e dal 2008 è presidente del Progetto speciale «Ricerca&Innovazione ed Expo 2015» della stessa Confindustria. È anche vicepresidente della Camera di Commercio di Milano, presidente dell’Expo 2015 e membro dei consigli di amministrazione dell’Università Bocconi di Milano e del Sole 24 Ore. Impegnata sul fronte della responsabilità sociale d’impresa, Diana Bracco è presidente della Fondazione Sodalitas per lo sviluppo dell’imprenditoria nel settore sociale e, dal 2010, della nuova Fondazione Bracco.

Domanda. La sua è un’azienda familiare pur essendo ormai una multinazionale: cosa comporta questo?
Risposta. Mi sento di dire che le imprese familiari sono dotate di una linfa vitale che dà loro un valore aggiunto: l’anima. Tutte le imprese familiari si fondano sulla volontà di un imprenditore di costruire qualcosa che rimanga nel tempo: un progetto di vita al quale ogni generazione apporta un nuovo tassello: mio nonno capì le potenzialità del mercato; mio padre ha avuto il merito di puntare sulla ricerca e di realizzare un’industria integrata, creando nuovi stabilimenti produttivi; io ho creduto con forza nell’innovazione e nell’internazionalizzazione del Gruppo.

D. Come è cominciata la vostra avventura imprenditoriale?
R. Tutto cominciò con la farmaceutica nel 1927, quando mio nonno divenne rappresentante commerciale della Merck tedesca. Ancora oggi nel nostro catalogo sono presenti sia specialità etiche, cioè prescrivibili unicamente dal medico, mirate a una selezionata gamma di patologie gastrointestinali, neurologiche, endocrinologiche e cardiovascolari, con farmaci a marchio proprio o su licenza; sia prodotti da banco, i cosiddetti Otc, acronimo inglese per «over the counter», cioè farmaci acquistabili senza prescrizione medica, e altre specialità come integratori alimentari, nutraceutici e cosmetici reperibili in farmacia. Tra il grande pubblico ancora oggi siamo conosciuti grazie ai prodotti che hanno fatto la storia dell’automedicazione in Italia: Cebion, Xamamina, Euclorina, Collirio Alfa e a nutraceutici come il Cebion Defend e il Friliver.

D. La Bracco deve però il proprio sviluppo alle tecniche di «imaging». A cosa serve la procedura diagnostica, che costituisce oggi la vostra principale attività?
R. La diagnostica per immagini svolge un ruolo cruciale nel migliorare il benessere delle persone e serve non solo alla prevenzione, ma anche al monitoraggio e alla cura di moltissime patologie. Nel 1962 la Bracco brevettava il suo primo mezzo di contrasto per urografia e angiografia, la iodamide: senza la generazione dei mezzi di contrasto cosiddetti «non ionici» o «a bassa osmolarità» pronti all’uso, di cui lo iopamidolo è imbattuto capostipite, non si sarebbero potute realizzare eilevanti evoluzioni nell’ambito della radiologia diagnostica e interventistica. La possibilità di iniettare composti così sicuri e ben tollerati a bolo rapido senza alti rischi per il paziente ha consentito lo sviluppo e la diffusione di tecniche come l’angiografia digitale per via venosa e lo studio dinamico degli organi parenchimali con tomografia computerizzata.

D. In che modo vi distinguete tra le altre aziende nel panorama mondiale della diagnostica?
R. Oggi la Bracco Imaging offre un ampio portafoglio di prodotti e soluzioni per tutte le modalità diagnostiche: la tomografia computerizzata, l’angiografia e l’angio-cardiografia, la risonanza magnetica, gli ultrasuoni, la medicina nucleare. L’offerta Bracco nei mezzi di contrasto è integrata dalle strumentazioni e dalle soluzioni per la diagnostica realizzate dall’Acist, società statunitense controllata dal Gruppo, la quale progetta e produce sistemi avanzati di iniezione che comprendono soluzioni utili nei settori della cardiologia e della radiologia tramite cateterizzazione, risonanza magnetica e tomografia computerizzata, con sistemi avanzati per la sicurezza del paziente.

D. Come siete riusciti a rendere internazionale il Gruppo?
R. Non avremmo potuto conquistare i mercati di tutto il mondo senza prodotti innovativi, frutto di una costante attività di ricerca che costituisce il vero filo conduttore di oltre 80 anni della nostra storia aziendale. Oggi operiamo in 90 Paesi direttamente o indirettamente tramite società affiliate, joint venture, accordi di partnership, di distribuzione e licenza. La prima tappa del nostro processo d’internazionalizzazione, fu negli anni Settanta, l’entrata negli Stati Uniti, che costituiscono la vera frontiera dell’innovazione e creano opportunità di conoscenza in ogni campo. Attualmente nel continente nord-americano abbiamo circa un terzo dei nostri collaboratori e la centrale mondiale della ricerca clinica, ossia il cuore della valutazione dei prodotti, che si confronta con la Fda, Food and Drugs Administration.

D. Quando siete arrivati anche negli altri Paesi?
R. La società ha consolidato la propria presenza in tutta Europa sia tramite società controllate appartenenti al Gruppo, come nel caso di Svizzera, Germania, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Benelux, Austria e Paesi Scandinavi, sia tramite accordi di distribuzione indiretta. A Ginevra, tra l’altro, è attivo uno dei principali centri di Ricerca e Sviluppo della Bracco Imaging. In Giappone siamo presenti con la Bracco Eisai, una joint venture da noi controllata al 51 per cento, che si dedica allo sviluppo e alla produzione di mezzi di contrasto. In Cina, invece, siamo giunti dalla fine degli anni Novanta e dal 2002 abbiamo dato vita alla joint venture Bracco Sine Pharmaceutical, società per la produzione e la distribuzione di mezzi di contrasto, che controlliamo al 70 per cento. Negli ultimi anni la Cina ha compiuto impressionanti progressi in ambito diagnostico, soprattutto nelle grandi città i cui ospedali hanno raggiunto livelli scientifici di livello mondiale con ampio uso di apparecchiature e tecnologie innovative. Questo processo sta ora raggiungendo anche le aree rurali e costiere, che finora erano invece meno coinvolte nel cambiamento.

D. Quali sono state le ultime tappe del processo di ampliamento della vostra presenza sui mercati mondiali?
R. Sono state la creazione di filiali in Brasile e nella Corea del Sud attuata nel 2009, e l’acquisizione di un’azienda operante nei Paesi Scandinavi e Baltici nel 2010. Siamo molto interessati anche al Messico, alla Colombia e all’Argentina, dove abbiamo sottoscritto accordi di distribuzione locali. Tutto ciò fa del Gruppo Bracco una delle società italiane a maggiore vocazione internazionale, con una quota del 30 per cento del mercato mondiale delle procedure con mezzi di contrasto per radiologia, un dato, questo, che rappresenta grande motivo d’orgoglio per un’azienda familiare italiana e, credo, per l’intero Paese.

D. Lei da sempre presta molta attenzione alla responsabilità sociale d’impresa e presiede la Fondazione Bracco e la Fondazione Sodalitas. Perché per un’impresa oggi è rilevante impegnarsi nella comunità in cui opera?
R. Per me non c’è cultura d’impresa senza responsabilità verso la persona, prima di tutto. Poi, responsabilità verso la comunità, che è insieme responsabilità verso il contesto sociale, economico e territoriale in cui l’impresa opera, e responsabilità verso le generazioni future. La mia storia personale e il mio impegno alla guida della Fondazione Sodalitas lo testimoniano.

D. La Fondazione Bracco è nata da poco più di un anno: quali sono i suoi obiettivi?
R. Affonda le proprie radici nel patrimonio di valori della famiglia Bracco e vuole tramandarli alle generazioni future. La Fondazione si propone di valorizzare il patrimonio culturale, storico e artistico nazionale, sviluppare la sensibilità ambientale, promuovere la ricerca scientifica e la tutela della salute, favorire l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale dei giovani, attuare iniziative di carattere assistenziale e solidale per contribuire al benessere della collettività, prestando un’attenzione particolare alla «gender question», ovvero ai problemi femminili nei vari ambiti di attività.

D. Oltre a essere un’imprenditrice, lei è anche una mecenate. Quali progetti culturali ha sostenuto la Fondazione Bracco?
R. Ne cito soltanto due, uno internazionale e l’altro italiano. A Washington abbiamo sostenuto la National Gallery of Art nella realizzazione della mostra sui vedutisti veneziani intitolata «Venezia: Canaletto e i suoi rivali», in corso fino al 30 maggio. In Italia la Fondazione Bracco ha contribuito al restauro della Sala degli Ambasciatori nel Quirinale. Eseguita dalla Soprintendenza storico-artistica per il Polo Museale di Roma d’intesa con il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, l’iniziativa per noi rappresenta un’occasione storica: è la prima volta, infatti, che un soggetto privato ha l’opportunità di essere partner della Presidenza della Repubblica. L’obiettivo del restauro è riportare all’aspetto originario la Galleria di Papa Alessandro VII Chigi. Le operazioni restituiranno a questa – una delle più belle pagine del barocco romano – la decorazione pittorica originale delle pareti e la luminosità grazie all’apertura delle finestre sul Cortile d’Onore, murate su ordine di Napoleone nel 1811. Un modo per riappropriarci di un pezzo significativo della nostra storia, proprio nell’anno in cui si celebrano i 150 anni dell’Unità d’Italia.    (ROMINA CIUFFA)

Anche su SPECCHIO ECONOMICO – Maggio 2011

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