RIDICOLI SENSI DI COLPA, CREPATE. Tu davvero credi che l’amore con tua madre non sia patologico? Credi che sia un amore che viene dalla natura prima che dal cuore, lei che ti ha dato la vita e ti ha consentito di viverla insieme a tuo padre, se è rimasto. Ma tu non devi niente a nessuno. Per questo, di certo in Italia, l’amore verso la madre è uno degli amori più patologici che esistano. La politica del senso di colpa che viene inculcata a noi italiani – si dice che è perché abbiamo il Papa vicino, e di noi romani si dice anche peggio, considerato che ospitiamo dentro di noi quello staterello infingardo che è Città del Vaticano con il suo cattolicesimo ed il potere temporale – spiega i suoi effetti per tutta la vita. Non vuoi lasciare tua madre sola? Quanti italiani hanno rifiutato un lavoro all’estero per stare vicino alle proprie famiglie? Anche alle sorelle “zitelle” (ma ora si dice “nubili”) dei famigliari dei famigliari? Quanti, invece, hanno accettato quel posto all’estero e la mattina, svegliandosi felici della loro fuga di cervello ed esonerati dalle idiosincrasie ed idolatrie italiane, dunque fondamentalmente liberi, in realtà liberi non sono? Resta sempre quel sensetto di colpa, che fa prendere il telefono e quasi tutti i giorni se non più di una volta al giorno chiamare e dire: “Mà, come va? Come sta papà? Ah, capisco. Sì, me ne rendo conto, sì mamma sì mamma sì mamma” perché si è riempiti da quella vampata di problemi dei quali la menopausa non sopraggiunge mai.
L’amore con la madre è una delle cose più patologiche che noi italiani abbiamo nel nostro patrimonio ereditario, tanto da farmi desiderare di svegliarmi un giorno svedese, ancora meglio finlandese: avrei, innanzitutto, vari assegni dello Stato, ad esempio quello per ciascun figlio che faccio. Poiché non ho intenzione di fare figli, avrei altri assegni e di certo nessuno mi guarderebbe stranamente, come fossi sulla via di quelle famose zie con la z di zitelle. Questa è l’Italia, e l’amore per essa è estremamente patologico. È assurdo sbavare per mozzarelle di bufala e cannoli siciliani, dire “io sono italiano” con tutta quella presupponenza, stare a spiegare agli amici che vengono dall’estero di quanto siamo addirittura stanchi di tutti questi turisti; assurdo poi, arrivare a fine mese sbattendosi senza nessun aiuto, logorati dai call center che chiamanoalmeno una ventina di volte al giorno (se ti iscrivi al Registro delle Opposizioni da lì prenderanno il tuo numero e paradossalmente riceverai il doppio delle telefonate da operatori di falsi e truffe), finiti dalle tasse, dagli obblighi, dalle stupidaggini televisive, dal monopolio di una Maria de Filippi che ha decerebrato milioni di spettatori, esautorati da brutta musica e brutti film, privi di speranze su qualsivoglia cosa – non puoi aprire un business, non puoi andare in pensione, non puoi cercare lavoro senza la frustrazione di non trovarlo, non puoi fare nulla. Eccolo l’amore più patologico, quello per questa Italietta inutile che è solo bella ma nemmeno troppo: non saranno da meno i panorami del Nevada o quelle infinite costiere australiane, non saranno brutte le isole maldiviane, thailandesi, filippine, solo perché abbiamo la Toscana non potremmo definirci migliori di quelle infinite distese di ghiacci verso i Poli dove andiamo a cercare aurore boreali sulle slitte.
Così se un genio della lampada mi chiedesse quei tre desideri per liberarlo, annetterei al mio primo, segreto desiderio, questi: voglio una landa dove posso atterrare che sia tutta mia e dove arrivi solo bella musica; voglio che sia espulsa immediatamente dalla stessa memoria Città del Vaticano con tutte le altre religioni del mondo, perché “pace” lo sappiamo dire tutti, non serve un nuovo Papa che Putin non ascolterà, eliminati gli estremisti, eliminato ogni riferimento al post mortem, che si coltivi la vita senza pensare a quando saremo morti e senza sensi di colpa verso l’Italia, verso Dio, verso tua madre, verso se stessi. Punto tutto, però, sul mio primo desiderio: quello mi garantirà la felicità, il secondo mi darà panorami illesi da visitare con il mio elicottero, il terzo mi toglierà, finalmente, quell’angosciosa voglia ossia necessità di chiamare mia madre ovunque io sia, soprattutto se sto bene, e la tradurrà in uno spontaneo e dolce “mi manchi” esente da tutte quelle tasse da pagare alla nostra stupidità culturale.
Romina Ciuffa, 10 maggio 2025
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