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SUL PEZZO

NEL GIRONE DEGLI AMORI CATTIVI

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Non è che detto che, se la coppia si frantuma, tutto va male e la delusione è in prima fila, l’amore sia davvero terminato. Come possiamo misurarlo, c’è un modo? Forse c’è. In alcuni casi, addirittura, la misurazione dell’amore avviene dalle cattiverie che i partner si scambiano quotidianamente. Come? Non è amore? E, invece, può esserlo.

Ci sono anime totalmente incompatibili che si incontrano per scontrarsi e che poi, una volta accortesi di essere tanto diverse, non vogliono rinunciare l’una all’altra e preferiscono soffrire in eterno, in un girone dantesco. Sono consapevoli del male che si fanno e, a volte, pur provando non riescono a non farsene, eppure vogliono stare insieme. Finiscono, così, per perpetrare sull’altro e su se stesse ogni tipo di dolore e non riescono ad uscire dal girone che è stato loro attribuito: quello degli amori cattivi.

In realtà, queste anime non avrebbero voluto essere cattive. Loro vogliono solo essere se stesse. Ma l’essere se stesse comporta, puntualmente, la lesione dell’altra, una discussione, dunque la reazione e la lesione dell’una ad opera della seconda in un circuito vizioso che, nel corso dei giorno, dei mesi, degli anni, logorerà entrambe. Le due anime non potranno stare lontane sebbene una volta ogni tanto si lasceranno, si distaccheranno, taglieranno i contatti, si dispereranno nel sentire quel vuoto minacciare altissime sofferenze, per poi ricominciare tutto daccapo qualche tempo dopo.”Daccapo”, però, non è la parola giusta: essa, infatti, significherebbe tornare all’amore passionale e alle finezze dei primi giorni. Queste due, invece, si riprenderanno con una paura fottuta che, come in ogni circolo vizioso, tornerà a spaventarle. Si sarà tranquilli per una manciata di giorni, ma non sereni perché ormai è certo: si ricomincerà a disturbarsi, dunque il rapporto sarà vissuto in un grande chi-va-là che non lascerà molto spazio all’amarsi.

Ci sono persone in coppia talmente sole che se si unissero formerebbero due persone sole. Queste sono le vittime dell’amore cattivo, quell’amore che non è necessariamente violento ma che si nutre delle cattiverie cieche delle due, insegna loro a farne, annulla l’amor proprio in ragione di un masochistico bisogno di amore. Si può misurare l’amore nell’amore cattivo? Certo, e si dirà di più: le vittime dell’amore cattivo si amano anche di più, perché accettano tutta la cattiveria pur di stare insieme. Dunque l’amore è misurabile quantitativamente, meno lo  è qualitativamente  salvo considerare l’amore cattivo un tipo di amore.

Si alza l’opposizione di chi risponde: se è amore, non può essere cattivo, l’amore è un grande e intenso voler bene e volere il bene dell’altro. Ne siamo sicuri? È certo che nel mondo si intenda amore come il bene per l’altro? Non sarà che l’amore è, innanzitutto, un’azione fatta per se stessi? Un’azione intrinsecamente egoistica, solo dopo la quale fuoriesce anche la componente altruistica in cui si considera anche l’altro. Nel primo momento dell’amore, si vuole amare perché si è portati a farlo, perché è bello, perché fa bene, perché è un sentimento darwinianamente utile che consente la riproduzione della specie, perché non si vuole restare soli, perché si vuole sesso sicuro, perché è più comodo per fare dei figli. Tutto questo, che non è nulla di altruistico: mai si amerà perché l’altro ha bisogno di quell’amore, perché l’altro non si senta solo, perché l’altro vuole dei figli, perché per l’altro l’amore è bello – peraltro, anche il secondo manifesterà la stessa componente egoistica e non amerà mai perché quell’altro vuole essere amato. Gli amori non corrisposti, altrimenti, non esisterebbero.

Suvvia, una buona dose di occhi aperti e testa sgombera per dire: anche l’amore cattivo è amore, anzi, è un amore anche più grande perché non porta con sé la componente egoistica ma solo le falle dell’animo, quelle che devono essere ricoperte con le parolacce dell’altro per sentirsi, finalmente, capiti.

Romina Ciuffa, 1 maggio 2025

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