• facebook
  • youtube
  • instagram
SUL PEZZO

DOVE C’È ATTACCAMENTO C’È ATTACCO

image_pdfimage_print

 COMPRA IL LIBRO QUI

DOVE C’È ATTACCAMENTO C’È ATTACCO. Il partner attacca sempre, qualunque cosa si dica è una polemica, un’aggressione, tutto scade in una paura che non va più via. Questo attacco solo a volte è consapevole, arriva da una parte di odio ma principalmente dall’attaccamento, un attaccamento ambivalente che è proprio della coppia con se stessa, che si autogestisce e si autopossiede nonché si autoattacca. Il tono aggressivo si è formato nel corso del tempo via via che le differenze tra i due sono andate emergendo e consolidandosi, nessuno ha fatto nulla per arginarle prima o non si è potuto fare nulla; da un certo punto della relazione in poi, l’attaccamento diviene molesto, si risente dentro di sé, diviene più intrinseco dell’amore e, non potendo più fare a meno dell’altro, passa in attacco. Un continuo attacco che fa solo feriti, vinti o morti, ma il rapporto non si interrompe mai. Perché non chiudono? Perché l’attacco è una delle prime forme di attaccamento, come a scuola quando si dice “ti tratta male perché gli piaci”, o quando “chi ti vuol bene ti fa piangere”; più in generale attraverso l’attacco si cattura la preda e la si mangia, la si incorpora, si calma un bisogno (la fame) e se ne colma un altro (il possesso).

Cos’è quell’angoscia che contraddistingue fissamente certe relazioni, che finisce per essere notato anche dagli esterni ed inviso? In che modo superare una giornata che inizia con un senso di dolore misto ad ansia, e con una sottesa rabbia, apparentemente senza motivo? L’amore misto ad angoscia è qualcosa di molto comune, sebbene molti tendano ad occultarlo consciamente o inconsciamente. È un fortunato, non solo un maturo, chi non si associa ad alcun sentimento negativo in amore, chi sa prendere e lasciare, chi sa essere più forte delle provocazioni o dei difetti dell’altro o chi, infine, sa dire basta. Non in pochi, lo sappiano o no, si svegliano con l’angoscia e attendono sera per rimettersi nel letto per obnubilarsi, non perché ci sia l’altro, tenero mostro di dolore che da sempre si è sognato ma che ora, quando si ha, riesce a tirare fuori incubi poiché si incastra con i più grandi vuoti sperimentati o le esigenze ossessive che spavaldamente si presentano.

L’angoscia è, per molti versi e per quanto sia difficile da dire e da credersi, uno dei nostri migliori amici poiché ci indica una via d’uscita da qualcosa che, cognitivamente, non siamo in grado di ritenere sbagliata. Tanti sono i rapporti che si basano su sensi di ansia, di dolore, su ciò che ci si aspetta dal rapporto ma non è, su ciò che il rapporto è. Spesso quest’ultimo non ha nessuna colpa, tutta quell’angoscia è da imputare ad insoddisfazione personale, a conflitti interiori non risolti e, direbbe Freud, ai rapporti con il padre. A volte, aver ucciso il genitore sembrerebbe l’unica soluzione possibile. Eppure restiamo sempre bambini e, come bambini, o vogliamo assolutamente e a tutti i costi essere accuditi, o pretendiamo di stare da soli e di non essere mai controllati, di poter decidere per noi ma, nel contempo, godere di tutti i benefici che si ottengono nella casa di famiglia dalla presenza dei due genitori: in poche parole, siamo tanto infanti bisognosi quanto adolescenti odiosi. Queste due condizioni, anche contemporanee, si riflettono sulle nostre aspettative verso il partner.

Da lui vogliamo che ci accudisca, che si prenda cura di noi, che corra ad ogni nostro minimo urletto, che ci sia secondo i parametri di un attaccamento sicuro; ma pretendiamo anche che non ci affligga, che non sia questuante o domandante, che ci lasci spazio per respirare, secondo i parametri finali di un attaccamento ambivalente. Dov’è c’è attaccamento c’è attacco, e fino ad un certo punto questo attacco è il segno piacevole dell’essere visti – ma così non è. Ci sono delle persone predestinate a stare insieme perché l’incastro è perfetto anche nel male e così, là dove l’uno sta male l’altro fa male, con una complementarità eccellente anche nel negativo; altre, che non sono assolutamente fatte per stare insieme e pretendono di farlo, le stesse che si svegliano con l’angoscia e con essa debbono convivere per anni, perché non riusciranno mai ad abbandonare il rapporto, fa talmente male che quel dolore – abitudinario, costante, galante – serve.

Certe storie si svegliano nella notte per una scossa di terremoto, e pensano angosciate non alla scossa appena sentita, ma a come fare per stare insieme: il terremoto è solo una scusa per svegliarsi a pensare male. Tutti consigliano loro di terminare la relazione, suggeriscono che neanche la terapia di coppia varrà qualcosa, che sarà una perdita di soldi e di forze. Tutti hanno ragione. Questi due si amano?

Lo vedranno con la psicoterapeuta di coppia.

Romina Ciuffa, 7 maggio 2025

Libro in tutti gli store 

https://www.booksprintedizioni.it/libro/saggistica/amore-mio-tu-soffri

Previous «
Next »