FIERACAVALLI, MARCO DI PAOLA: FISE, LO SPORT EQUESTRE È SENZ’ALTRO UNA DELLE RISORSE DA «CAVALCARE»

VIA COL VENETO – di ROMINA CIUFFA

L’arte equestre è il perfezionamento delle cose semplici (Nuno Oliveira, universalmente considerato l’ultimo dei grandi maestri dell’equitazione). Ed è anche una grande risorsa di ecosostenibilità ed educazione. Fieracavalli è l’evento di riferimento in Italia, ma per il mondo, e da ben 119 anni si tiene nella città scaligera: il binomio Verona-cavallo è un’identità culturale, storica ed economica con origini molto antiche. Difficile, se non addirittura impossibile, immaginare questa città senza i suoi cavalli, simbolo della sua essenza e della sua internazionalità. Da sempre punto di riferimento nell’allevamento e nella commercializzazione dei prodotti di allevamento equino, per questa zona geografica prima tappa storica fondamentale è il 1772, anno in cui Bibbiena progettò e seguì la costruzione del primo quartiere fieristico per cavalli, muli, asini e bardotti. Per più di 100 anni qui si svolsero concorsi ippici con relativo mercato dei migliori esemplari, fino ad arrivare alla fatidica tappa del 1898.

Quell’anno ebbe inizio la moderna storia fieristica scaligera: la prima edizione della Fiera dei Cavalli e dell’Agricoltura. Da semplice mercato equino ha subìto nel corso degli anni uno sviluppo esponenziale, diventando ufficialmente nel 1950 Fiera internazionale e affermandosi come manifestazione leader del panorama equestre mondiale. D’altro canto Verona, per collocazione geografica, si trova al centro degli assi commerciali portanti che collegano i grandi mercati europei ed è ancora oggi punto nevralgico di smistamento di merci e di persone. La presenza di questo importante appuntamento annuale ha influenzato profondamente la zona geografica di riferimento portando allo sviluppo di numerose piccole e medie imprese manifatturiere, nate inizialmente come supporto al mondo equestre e alle sue variegate attività. Fondamentale è l’abilità della manifestazione di mantenere vive le tradizioni nobili e antiche del cavallo, soprattutto a partire dal dopoguerra, momento in cui la notevole crescita economica ed agricola lo ha parzialmente emarginato dalla vita dell’uomo.

Fieracavalli è, oggi, un «catalizzatore d’interesse» per coloro che attraverso il cavallo si riconoscono in un nuovo modo di concepire la vita, legando insieme sport, arte, solidarietà, storia, tempo libero, turismo e avventura. Giunta a fine ottobre alla sua 119esima edizione, consolida il primato di manifestazione di riferimento in Europa per il settore equestre: superati anche quest’anno i 160 mila visitatori, arrivati a Verona in quattro giorni, e dall’estero il 16,5 per cento in rappresentanza di 63 Paesi. Duecento gli eventi che hanno animato i 12 padiglioni della fiera, tra gare sportive di altissimo livello come la Jumping Verona, competizioni morfologiche, discipline western, show e attività didattiche. La prossima edizione, la numero 120, è già stata fissata dal 25 al 28 ottobre 2018.

Del settore equestre parla uno dei suoi principali rappresentanti, Marco Di Paola, presidente della Fise, la Federazione Italiana Sport Equestri, fondata a Roma nel 1926.

Domanda. Fieracavalli 2017, un bilancio. Ed una previsione per il 2018, anno in cui compirà ben 120 anni. Cosa è accaduto in tutti questi anni? E soprattutto, cosa accadrà?
Risposta. Il bilancio non può che essere positivo. Fieracavalli 2017 ha dimostrato l’ottimo stato di salute del nostro movimento sportivo. Inoltre la Fiera di Verona è all’altezza delle aspettative, coma ha dimostrato anche la 119esima edizione. L’appuntamento è molto apprezzato dai nostri appassionati. Il 2018 segnerà un grande e importantissimo traguardo per Verona Fiere: dovremo aspettarci delle sorprese, ma ne parleremo a breve dopo che sarà definitivamente archiviata anche per gli addetti ai lavori l’edizione di quest’anno. La Fise e la dirigenza della Fiera lavorano a un progetto molto ambizioso.

D. Critiche a Fieracavalli provenienti dal pubblico: si torni a pensare ai cavalli e non ai panini. Il senso è: la Fiera sta diventando più un bancomat di settore, agli espositori è chiesto un «dazio» elevato, al pubblico l’entrata costa cara, e dentro le spese sono alte anche per mangiare; mentre, alla fine, i cavalli sono pochi, ed è tutto incentrato sullo «spettacolo». Questo mi è stato riferito da molti che ho ascoltato per le strade della Fiera in quei giorni. Non hanno tutti i torti. Come risponde?
R. La Fise in realtà non è direttamente coinvolta in questa fase degli aspetti organizzativi. Ritengo pertanto che a questa domanda possa rispondere la Fiera. Ritengo altresì che Fieracavalli sia ormai diventata una delle fiere più importanti al mondo, per l’offerta che propone. Ogni anno unisce in una sola settimana tutto ciò che ruota intorno al mondo del cavallo. Bisognerebbe verificare quello che succede in appuntamenti analoghi in altre nazioni, come Francia per Equita Lyon o Germania per Equitana. Non credo ci si discosti molto, anzi. Inoltre le presenze dimostrano che gli appassionati non disertano l’appuntamento.

D. Recente insediamento nella presidenza e, nel programma, un bel cambio di marcia: quale? Quali i problemi trovati irrisolti? Quale le prime azioni già compiute? Come si distinguerà il suo mandato?
R. Sicuramente un bel cambio di marcia per rendere la federazione molto più «smart» e utile a produrre servizi a tutti i tesserati. La Federazione è uscita da una gestione commissariale ma sta procedendo a passo veloce verso una definitiva ripresa. Non posso dire di aver trovato particolari criticità, se non il fatto di dover ottemperare al piano di risanamento. È certamente una difficoltà, perché siamo costretti ad accantonare annualmente delle risorse che avremmo potuto investire diversamente, ma dobbiamo seguire le indicazioni del CONI. Ciò non vuol dire che siamo particolarmente limitati nelle diverse iniziative. La nostra è una federazione florida. Siamo riusciti, infatti, ad abbattere la pressione relativa alle tasse federali sugli istruttori, sui tesserati che portano medaglie con i loro sacrifici sportivi e attraverso la riduzione delle tasse di sponsorizzazione. Stiamo lavorando al progetto delle affiliazioni, che partirà dal 2018, consentendo un abbattimento dei costi, necessario per dare respiro a chi deve occuparsi della base. Dovrebbero essere altri a giudicare, però se dovessi dire per cosa si distinguerà il mio mandato, direi certamente per aver dato vita a una federazione che sta vicino al tesserato e pronta a gestire l’ente a due velocità, stando attenta alle esigenze della base, ma anche a quelle dello sport di vertice.

D. Lo sport, tra i primi quello equestre, riveste un ruolo educativo particolare nei confronti dei giovani. Cosa fate per la formazione e l’educazione?
R. Lo sport in genere ricopre un ruolo educativo, il nostro credo abbia in questo senso un valore aggiunto, perché si pratica con un altro essere vivente: l’atleta cavallo. Stiamo lavorando al progetto di formazione e con grande attenzione a quella dei nostri educatori di base, ovvero coloro che hanno a che fare con i bambini. Attraverso il Progetto Pony Fan Club i nostri tecnici federali stanno girando l’Italia, per spiegare l’iniziativa della federazione, volta sì a incrementare i numeri attraverso la pratica dei giochi pony, ma volta anche e soprattutto all’impiego di una nuova metodologia di insegnamento. L’equitazione in quanto sport deve necessariamente modernizzarsi e adeguarsi alle esigenze dei giovani. È inutile girarci intorno. I nostri istruttori sono dei veri educatori e devono cooperare con i genitori e, perché no, anche con la scuola per la crescita dei giovani.

D. I tesserati che non praticano agonismo di vertice, ossia gli amatori, sono il 93,22 per cento e sono loro che fanno vivere tutta la federazione, ma le risorse finanziarie e tecniche dei dipartimenti è speso per servire la minima percentuale di patentati che gareggiano ad alto livello internazionale. Da una parte ciò è congruo, per dare visibilità al professionismo e al settore equestre, dall’altra è incompatibile con il senso della rappresentanza tout court. Quali misure prenderà?
R. È evidente che il ruolo principale di una federazione è quello di vincere medaglie. Delegati a questo compito, è chiaro, sono le prime squadre del nostro sport. Le vittorie sono molto utili per dare visibilità al nostro sport, basti pensare che grazie a queste siamo nuovamente presenti nelle testate giornalistiche che contano. Più media si interessano di noi. Abbiamo creato una grande base di amatori, ma non solo, basti pensare a quanti oggi tengono il cavallo a casa, nelle campagne. Il cavallo attira e avvicina tanta gente al nostro sport. È proprio grazie al fatto che la stampa ci conferisce più attenzione che la crescita del nostro sport può essere registrata anche a livello di base. Abbiamo restituito l’importanza che meritano, per esempio, a manifestazioni come le Ponyadi o Ponylandia, interamente dedicate al mondo dei giovani che sostengono il nostro sport attraverso la passione e il sacrificio. Le medaglie servono sia per assolvere alla nostra missione sportiva sia per dare più visibilità al nostro sport.

D. Come la federazione tutela le istanze delle varie categorie rappresentate?
R. La nostra è una federazione molto attenta alle esigenze dei propri tesserati. Attraverso i nostri dipartimenti dialoghiamo con i vari ministeri interessati, mi riferisco alle problematiche dei trasporti dei cavalli, della salute etc. Proprio in questi mesi stiamo lavorando a stretto contatto con il ministero della Salute per le vicende che riguardano il trasporto dei cavalli e il famoso modello 4. Sono state cambiate le regole, nell’era della digitalizzazione, i nostri dipartimenti sono a lavoro per trovare le migliori soluzioni con le varie istituzioni e poi comunicare direttamente con i tesserati.

D. Firmato l’accordo con l’Istituto per il Credito sportivo e l’iniziativa «Top of the sport». Di cosa si tratta, nello specifico?
R. Si tratta di una nuova grande opportunità di sviluppo per gli sport equestri. La nostra è stata la prima federazione a stipulare l’accordo con l’ICS dopo la presentazione alla Giunta nazionale del CONI. Si tratta di un’iniziativa che garantisce, per i prossimi tre anni, a tutte le associazioni affiliate la possibilità di usufruire di finanziamenti denominati «mutui light» della durata massima di 7 anni per un credito erogato dalla banca dello sport da 10 mila a 60 mila euro. Tutti gli affiliati potranno fare richiesta attraverso una procedura istruttoria semplificata e con la sola garanzia nella misura dell’80 per cento concessa da parte del Fondo di garanzia, fondo dello Stato in gestione al Credito sportivo. L’Istituto del credito sportivo si è impegnato a garantire finanziamenti per un importo massimo di 3 milioni di euro anche per investimenti in centri federali, impianti di preparazione olimpica e attrezzature top. Credo sia un’opportunità volta alla crescita che il nostro mondo non può farsi sfuggire.

D. È prossima l’assemblea generale della FEI, Fédération Equestre Internationale. In che modo la Fise è considerata, e quali gli argomenti che porterete alla platea internazionale?
R. Cesare Croce è il nostro rappresentante per i rapporti internazionali, quindi non solo per la FEI, ma anche per la EEF (Federazione Equestre Europea). Croce, già presidente della Fise per ben tre quadrienni, è la persona più adatta a ricoprire questo incarico, per la competenza, il carisma e la grande considerazione a livello internazionale. In FEI ha ricoperto per diversi anni anche il ruolo di presidente del Gruppo I, ovvero in rappresentanza delle maggiori federazioni d’Europa. Credo che questo basti per capire che a livello internazionale la Fise ha grandi interlocutori ed è quindi tenuta in grande considerazione. Alla prossima assemblea sono tante le argomentazioni poste dalla FEI sul tavolo di lavoro, dalle prossime Olimpiadi di Tokyo ai regolamenti delle varie discipline. L’Italia sarà in grado come sempre di dire la sua.

D. Come si distingue l’Italia nel contesto equestre?
R. Negli ultimi anni l’Italia è ritornata grande e, per via delle ottime prestazioni dei nostri atleti oggi, è una delle nazioni da battere. I nostri cavalieri sono tra i più temuti quando entrano in campo nelle gare più prestigiose. Basti pensare che mai prima d’ora un italiano ha mai raggiunto le posizioni apicali di Lorenzo De Luca, che quest’anno è stato secondo al mondo, e che proprio quest’anno disputerà la Top Ten di Ginevra (mai successo per un italiano), riservata ai migliori dieci cavalieri del mondo. De Luca e Alberto Zorzi occupano la seconda e quarta posizione del ranking del Global Champions Tour, la formula uno del salto ostacoli mondiale. È vero, il salto è la nostra disciplina principe ma abbiamo medagliati e grandi campioni anche nel dressage, con Valentina Truppa, nel volteggio, con Anna Cavallaro, nel reining, con una squadra campione d’Europa nel 2015 o con Giovanni Masi, campione europeo 2015. Insomma, il nostro è un movimento in grande crescita e i nostri atleti si fanno rispettare.

D. La Fise prende parte, insieme al CONI e Roma Capitale, al progetto di rilancio e valorizzazione di Piazza di Siena. Qual è il progetto, quali le aspettative, quali i costi, quale il vostro impegno?
R. È un progetto davvero importante per la nostra federazione, per gli sport equestri, per la città e per lo sport in generale. Abbiamo stretto un accordo che ci lega al CONI nell’organizzazione del concorso praticamente per otto anni. Abbiamo il dovere di far brillare questo evento sportivo. È questo il nostro obiettivo. Sarà la nuova era di Piazza di Siena che, insieme a Villa Borghese, per la Federazione Italiana Sport Equestri è come una seconda casa. È per questo che partecipiamo con grande passione ed entusiasmo al progetto di rilancio e valorizzazione del sito, sede del tradizionale concorso ippico capitolino. Poter contribuire al ritorno del manto erboso nell’ovale romano è per noi un motivo di grande soddisfazione. Questo magico luogo, nel pieno centro di Roma, è stato testimone della storia del nostro splendido sport. Proprio per questo abbiamo, anche noi, il dovere di prendercene cura. Abbiamo subito affrontato i costi di riqualifica e di sgombero della sabbia, adesso insieme al CONI e soprattutto con le maestranze del Comitato Olimpico partirà il progetto di piantumazione dell’erba.

D. 610 mila ettari di territorio agricolo destinati all’equitazione, il settore vitivinicolo ne occupa 770 mila: l’equitazione è una forma di economia sostenibile «poco conosciuta». Ogni cavallo genera un indotto annuo che va da 30 a 45 mila euro e l’equiturismo coinvolge 100 mila appassionati e vale 900 milioni di euro. In che modo la Fise, ed il settore, si occupano di sostenibilità?
R. Credo che il cavallo faccia da solo sostenibilità. Abbiamo un indotto che è sconosciuto ai più. Basti pensare a chi ferra i cavalli, a chi coltiva il fieno, a chi produce mangime. Tutte attività che si ricollegano al nostro mondo. Il turismo equestre è senz’altro una delle attività che bisogna «cavalcare». Abbiamo presentato il programma del nostro nuovo dipartimento Equitazione di campagna. Attraverso questa disciplina, forse la più praticata, anche al di fuori della nostra federazione riusciremo a dare ulteriore visibilità al nostro sport e lo faremo facendo capire che andare a cavallo non vuol dire solo saltare o fare lezione in maneggio, ma può voler dire ammirare le bellezze architettonico-culturali e naturalistiche ad altezza di sella. In questo l’Italia non ha nulla da invidiare a nessuno.

D. Marco Di Paola: mi parla di lei?
R. Ho iniziato a montare da bambino con Adriano Capuzzo al Pony Club Roma. Ho svolto la carriera agonistica da Junior e Young Rider sotto la guida anche di Duccio Bartalucci e ho fatto i ritiri federali ai Pratoni del Vivaro con il colonnello Raimondo d’Inzeo. Sono stato ufficiale dei Carabinieri a cavallo nel Gruppo Sportivo. Sono avvocato, e gestisco un gruppo di aziende che opera nella filiera dell’edilizia. Sono comproprietario del glorioso Pony Club Roma, comproprietario del circolo Asperteam che ho anche costruito a Roma, cavaliere amatore e proprietario con un team di amici di una scuderia di cavalli di prima squadra di salto ostacoli, affidata a Luca Marziani. Ho deciso di candidarmi alla guida della Fise perché i grandi maestri che ho avuto mi hanno trasmesso l’enorme passione per lo sport equestre. Ho deciso di dedicarmi alla crescita del nostro sport e alla costruzione di una federazione moderna e al passo con i tempi: vorrei dimostrare che siamo un movimento di gente operosa, valida, onestà e in grado di allevare, far crescere e affermare cavalieri e cavalli italiani ai massimi livelli internazionali. (ROMINA CIUFFA)

GALLERY (photocredit ROMINA CIUFFA)

#gallery-1 { margin: auto; } #gallery-1 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-1 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-1 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */

 




MAURIZIO DANESE (VERONAFIERE), DAL BALCONE DI ROMEO E GIULIETTA AL BALCONE INDUSTRIALE DEL MADE IN ITALY

VIA COL VENETO (di ROMINA CIUFFA). Da Vinitaly a Fieracavalli, gli eventi fieristici più «in» del nostro Paese avvengono nella città dell’amore, quella che prima di tutto è collegata, nella letteratura ed ormai nell’immaginario collettivo, alla storia «eccellentissima e lamentevolissima» di Romeo e Giulietta. Di certo la scaligera – dodicesima provincia italiana per numero di imprese – è, sotto il profilo culturale (ed, indirettamente, del business), una delle più fruttifere di Italia, luogo di incontro naturale tra turismo ed affari, in vicende che seguono la forza e la testardaggine dei due innamorati shakespeariani, ma che finiscono, invece, bene. E non muore nessuno. Nata nel 1898, la Fiera di Verona inaugura con una edizione sperimentale dedicata ai cavalli alla presenza di Vittorio Emanuele III nell’attuale Piazza della Cittadella (a due passi da piazza Bra e dall’Arena), sintetizzando le vocazioni della campagna veronese e le tradizioni che fanno risalire all’807 d.C. la prima fiera tenutasi sul sagrato della Basilica di San Zeno, anche ampliandosi con altri capi di bestiame e, in generale, nel settore agricolo. Alla Fiera Cavalli si affiancò sin dal 1899 una mostra di automobili, a dar lustro al primo inventore del motore a scoppio, il veronese Bernardi.

Nel 1930 avvenne la trasformazione in ente autonomo, che dalla location centrale dovette spostarsi nel 1948, essendo presto divenuta insufficiente l’area di originale competenza, ed occupare la zona industriale a sud della città, attuale complesso di Veronafiere, così potendo ospitare gli eventi principali italiani, oltre alla storica Fieracavalli (di cui quest’anno si è tenuta la 119esima edizione): da ArtVerona ad Elettroexpo (fiera dell’elettronica e del radioamatore), Fieragricola, Job&Orienta, Marmomac (per l’industria del settore litico), Model Expo Italy (modellismo statico e dinamico), Motor Bike Expo (moto), Samoter (macchine per il movimento terra e da cantiere), Progetto Fuoco (dedicata al riscaldamento da biomasse legnose), Innovabiomed (industria biomedicale), Cosmobike Show (fiera sul mondo delle biciclette), fino alla più nota, Vinitaly.

Ed ora una nuova iniziativa «a doppia targa»: collaborazione storica quella tra parmigiani e scaligeri che oggi sfocia in Wi·Bev riunendo le tecnologie per il «wine & beverage», settore che per macchinari, attrezzature e tecnologie per la viticoltura e l’enologia conta 3,6 miliardi di euro e il cui 70 per cento è derivato dall’export. Il Wine&Beverage Technologies Event, co-organizzato da Fiere di Parma (sotto la guida di Gian Domenico Auricchio), è già in programma dal 4 al 5 dicembre 2018 nell’ambito di «wine2wine», subito dopo la vendemmia, quando le aziende vitivinicole non sono più impegnate nelle operazioni di campagna. Wi·Bev unirà il momento espositivo al confronto diretto tra aziende del settore, fornitori di macchine e impianti nonché tecnici della filiera, oltre a «capitalizzare gli aspetti ‘smart’ dell’esperienza innovativa di Cibus Connect–ha sottolineato Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di Parma–associandola ad un palinsesto di approfondimenti specifici e mirati al comparto tecnico e produttivo della filiera vitivinicola e non solo».

Travalicati i confini della città e della nazione, promuovendo eventi fieristici nei Paesi extraeuropei maggiormente interessati alla produzione italiana – tra tanti, la Cina e il continente asiatico, in cui Veronafiere gioca un ruolo da protagonista per l’Italia sulla Via della Seta – Veronafiere è oggi il primo organizzatore diretto di manifestazioni in Italia, secondo per fatturato e ai vertici in Europa, con oltre cento anni di esperienza nel settore ed una posizione geografica strategica, al centro delle maggiori direttrici intermodali europee. Un hub naturale per la promozione internazionale del sistema industriale e dell’eccellenza made in Italy, che fornisce strutture e servizi aggregativi a visitatori ed espositori. Il fatturato è generato per l’87 per cento da fiere di proprietà ed organizzate direttamente, delle quali detiene il know-how completo, dalla pianificazione strategica alla realizzazione tecnica-operativa. La gestione del marketing, della comunicazione, del quartiere e dei servizi, una rete di delegati presenti in tutto il mondo, relazioni forti con le istituzioni nazionali ed i mondi associativi sono gli asset sui quali si fonda Veronafiere.

A proposito di internazionalizzazione, si è appena tenuto a Johannesburg, in Sudafrica, il tradizionale Ufi Congress di fine anno, che ha visto diversi seminari dedicati ai temi più caldi per l’industria fieristica. L’Italia, con un folto gruppo di delegati, ha visto una importante serie di nomine all’interno dell’organizzazione mondiale delle fiere, a partire da Corrado Peraboni (già amministratore delegato di Fiera Milano ed ora chairman di Cipa Fiera Milano Publicações e Eventos) per la presidenza dell’Associazione mondiale delle fiere (Ufi), il quale ha dato risalto alla strategia «PIN» (Promote, Inform e Networking), come base su cui l’ecosistema delle fiere deve sempre di più fondare la propria crescita e sviluppo industriale. La nuova nomina alla presidenza riafferma il valore del comparto fieristico italiano nel contesto internazionale, insieme alla rinnovata composizione del Board of Directors, cui per i prossimi tre anni è stato confermato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, nella carica di primo vicepresidente dello European Chapter; oltre a lui nominati anche Matteo Marzotto, vicepresidente esecutivo di Italian Exhibition Group, e Giorgio Contini, direttore internazionale di BolognaFiere.


Marco Di Paola, Giovanni Mantovani e Maurizio Danese

Parla il presidente di Veronafiere Maurizio Danese, operativo per il triennio 2015-2018, socio di un gruppo di aziende che opera nel settore della fornitura di prodotti alimentari al canale Horeca, consigliere della Camera di commercio di Verona e vicepresidente vicario di Confcommercio Verona.

Domanda. Quali le strategie per il futuro di Veronafiere con il Comune?
Risposta. L’amministrazione comunale veronese è il socio di maggioranza relativa di Veronafiere spa. Abbiamo illustrato il piano industriale di sviluppo al 2020 che prevede investimenti pari a 94 milioni di euro, così come stiamo ragionando insieme sul ridisegno del quartiere sud della città sul quale insiste la Fiera di Verona.

D. Dopo una battuta d’arresto del 2015, Veronafiere è ripartita. Come? Quali i numeri oggi?
R. Nel 2015 non c’è stata nessuna battuta d’arresto. Semplicemente Veronafiere, nell’interesse del Paese, ha risposto ad una domanda specifica da parte del Ministero delle Politiche agricole e di Expo per occuparsi della realizzazione del Padiglione del Vino all’Esposizione universale di Milano. Abbiamo quindi dovuto mettere mano ad un investimento molto più ingente di quanto preventivato ma, se non l’avesse fatto la Fiera di Verona con Vinitaly, con tutte le difficoltà che Expo ha dovuto incontrare, non sarebbe stato possibile offrire un’esperienza unica come quella che ha rappresentato il padiglione «Vino -A Taste of Italy», visitato da oltre 2,1 milioni di persone, di cui il 20 per cento straniere. In quell’anno, in cui sono stato nominato presidente proprio a fine Expo, il consiglio di amministrazione di Veronafiere ha deciso di inserire quanto investito nel bilancio 2015 che, senza questi extra costi, avrebbe chiuso con un Ebitda di 8,1 milioni di euro.

D. Come è avvenuto il processo di trasformazione in spa?
R. La trasformazione in società per azioni ha seguito l’iter previsto dalla normativa regionale, iniziato con la nostra richiesta il 4 luglio 2016. In poco più di sei mesi abbiamo quindi compiuto tutti passaggi tecnici, burocratici e legislativi, con il via libera dalla Regione del Veneto arrivato ad ottobre, fino al 29 novembre 2016 con la trasformazione in spa, entrata poi in vigore ufficialmente dal 1° febbraio 2017.

D. Può indicare alcuni aspetti del Piano industriale di sviluppo al 2020 relativi a Veronafiere?
R. Con questo piano industriale gli obiettivi che si intendono conseguire sono fondamentalmente due. Rafforzare il ruolo di leadership mondiale in particolare nelle filiere «wine&food» e marmo-costruzioni e continuare a essere un motore di produzione di ricchezza per la città e per il territorio. In questo contesto prevediamo al 2020 un volume d’affari obiettivo di 113 milioni di euro con un Ebitda di 21,9 milioni di euro, pari al 19 per cento dei ricavi.

D. Giovanni Mantovani è ora nel Board of Directors dell’Ufi, la Global Association of the Exhibition Industry. In che modo Veronafiere avrà voce in quella sede, anche in rappresentanza italiana, e non solo scaligera?
R. Non è la prima volta che Veronafiere ha un proprio rappresentante nel board dell’Ufi, di cui siamo membri dal 1932. In questa sede porteremo tutta la nostra esperienza di organizzatori di manifestazioni dal 1898, ma ragionando sempre in ottica di promozione del sistema fieristico italiano nel suo complesso.

D. Fieracavalli 2017 ha avuto un grande successo. Sogna di portare i cavalli in Arena: c’è speranza, anche in occasione del 120esimo compleanno di Fieracavalli nel 2018?
R. Fieracavalli ha chiuso l’edizione 2017 superando ancora le 160 mila presenze, di cui il 16 per cento dall’estero, da 63 nazioni. L’idea di riportare un evento equestre di altissimo livello in Arena, nel cuore di Verona, fa proprio parte di alcune iniziative che stiamo valutando in occasione dei 120 anni della manifestazione. Sarebbe di sicuro un evento indimenticabile per la città e per tutti gli appassionati di questo mondo.

D. Non solo Vinitaly: molti gli accordi, molte le esposizioni e i contenuti. Quali, per lei, i principali, e quali i nuovi obiettivi?
R. Veronafiere organizza in media più di 60 manifestazioni all’anno. Oltre a Vinitaly e Fieracavalli, penso a Marmomac, il primo salone al mondo per la filiera della pietra naturale e delle tecnologie, e poi Fieragricola, dedicata al settore primario, senza tralasciare il mondo delle macchine da costruzioni, con Samoter. Questi sono soltanto alcuni dei nostri marchi più conosciuti e di successo. Il nostro obiettivo resta sempre quello di consolidare il portafoglio di rassegne leader, sviluppare le potenzialità esistenti, anche attraverso collaborazioni e partnership, e aumentare significativamente la quota di mercato e la redditività, posizionando così saldamente la Fiera di Verona tra le più importanti realtà internazionali del settore.

D. Veronafiere all’estero, come è rappresentata? Come è vista? Oltre a Italian Wine Channel, cosa c’è?
R. L’estero è sempre più chiave di crescita fondamentale per il nostro business. Ogni anno sono in media una ventina gli appuntamenti che realizziamo in oltre 10 nazioni nei settori del «wine&food» e del «building&construction». Con gli eventi fieristici, le missioni commerciali e le attività formative delle nostre «academy» abbiamo creato una community globale del vino e del marmo, in particolare negli Stati Uniti, in Brasile e in Cina, ma stiamo concentrando negli ultimi anni gli sforzi anche in Africa e in Medio Oriente, mercati dal grande potenziale. La nostra forza è quella di essere prima di tutto ambasciatori, insieme alle aziende, di molte eccellenze del made in Italy.

D. Veronafiere in Brasile con Veronafiere do Brasil: perché il Brasile?
R. Il Brasile è l’economia più importante del Sudamerica e, nonostante la recente crisi, è ancora una delle aree a più alto tasso di crescita dell’area. Per la nostra attività è un punto strategico nel comparto lapideo, ma stiamo valutando anche nuove iniziative nel settore vitivinicolo, vista la posizione privilegiata di accesso ai vicini mercati dell’area Nafta.

D. L’innovazione digitale ha cambiato la fieristica?
R. L’innovazione digitale ha cambiato tutto il nostro mondo, non soltanto quello fieristico. Da Veronafiere una attenzione particolare a riguardo è rivolta ai processi e alla gestione dei rapporti con i clienti e il mercato. Abbiamo un progetto specifico inserito nel piano industriale di sviluppo, con investimenti importanti sia in termini di formazione che di servizi.

D. Quali, secondo lei, le modalità per rilanciare l’Italia nell’economia positiva attraverso la fieristica?
R. Le fiere sono da sempre uno strumento fondamentale per la promozione internazionale e lo sviluppo dell’export. In Italia, per il 75 per cento delle piccole e medie imprese, sono anche l’unico momento di visibilità estera. Un ruolo di leva economica che è riconosciuto dal Ministero per lo Sviluppo economico e dall’Ice-Agenzia che dal 2015 hanno inserito alcune manifestazione fieristiche, tra cui Vinitaly e Marmomac, tra quelle strategiche per il Paese. In questo caso la via è una sola: fare squadra tra sistema-fiere nazionale, imprese e Governo per presentarsi uniti sui mercati stranieri, coordinando le risorse in azioni mirate di incoming e outgoing.

D. Turismo fieristico e congressuale: quali le peculiarità?
R. Le fiere rientrano a pieno diritto anche nel settore Mice (Meeting Incentive Congress & Events), come gestori di mete privilegiate per il turismo d’affari e i congressi. Veronafiere all’attività «core» che porta alle manifestazioni ogni anno 1,2 milioni di visitatori, affianca quella di un centro congressuale che organizza 330 eventi all’anno con 85 mila partecipanti di media. La Fiera di Verona vanta poi una location unica, a poca distanza dal centro storico di una città patrimonio dell’Unesco e nella top ten delle mete turistiche italiane.

D. Perché scegliere Veronafiere? Come si distingue dalle altre fiere italiane?
R. Oltre ad avere quasi 120 anni di esperienza nel settore, il nostro più grande plus è quello di essere organizzatori diretti della quasi totalità delle nostre manifestazioni di successo. Significa che Veronafiere non si limita a vendere gli spazi espositivi del proprio quartiere, ma l’87 per cento del proprio fatturato è generato da fiere che sono di nostra proprietà e di cui curiamo direttamente crescita, sviluppo e rapporti con i mercati e gli stakeholder. (ROMINA CIUFFA)

GALLERY (photocredit ROMINA CIUFFA)

#gallery-2 { margin: auto; } #gallery-2 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-2 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-2 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */




ARMANDO DONAZZAN: LA PANTERA VENETA DI ORANGE1

di ROMINA CIUFFA. Orange1 nasce da un baratto. Leone Donazzan, perito elettronico, nel 1971 fonda la prima società del gruppo dando inizio all’avventura «arancione» con un puro e semplice baratto: un cliente non può pagarlo per un impianto elettrico e gli chiede di potergli dare in cambio dei motori. Così, a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, nasce la ditta «Elettromeccanica Leone Donazzan» per la riparazione e l’avvolgimento di motori elettrici, attività che si estende in breve al campo dell’impiantistica industriale. Nel 1983 la società viene trasformata in Eld spa e inizia con successo a rivolgersi ai mercati esteri e in modo particolare a Francia, Germania e Paesi nordici. Il business si apre anche verso i mercati dell’est, in particolare verso l’ex Unione Sovietica, il cui crollo, con la caduta del muro di Berlino alla fine degli anni 80, induce Donazzan a rivedere gli obiettivi. Nel 1998, con un fatturato di 5 milioni di euro attuali, il figlio Armando subentra nella direzione aziendale ed intraprende una serie di politiche finanziarie e commerciali che innalzano il livello di competitività e visibilità dell’azienda. Oggi a capo della sempre più grande Holding, è definito la «pantera».

Domanda. Dalla sua entrata come guida dell’azienda cosa è accaduto? 
Risposta. Nel 1999 nasce in Ungheria l’azienda Eme kft, specializzata nella produzione di statori avvolti per motori elettrici. Dalla necessità di migliorare l’efficienza e dalla crescente domanda, viene alla luce un progetto per la costruzione di un capannone adeguatamente dimensionato dove il concetto del «lean manufactoring», ossia la produzione snella che mira a minimizzare gli sprechi fino ad annullarli, costituisce la base di ogni nostra azione nell’area industriale di Arsiè, in provincia di Belluno, e in un tempo record di 8 mesi ultimiamo un capannone di 11.800 metri quadri coperti. Nel 2006 nuovo cambio di nome in Eme, quindi acquistiamo la Ceg, la Unielectric e la Elpromtech, e ricambiamo nome in Orange1 ponendoci sul mercato come specialisti nel settore, poco prima di acquisire anche l’Elettromeccanica Valceno e la Metalpres Cenzato al fine di creare una filiera di verticalizzazione dei componenti per produrre anche i motori elettrici. Poi Orange1 entra nel gruppo Emotion in Motion, con l’obiettivo di migliorare le prestazioni di efficienza energetica, un tema attuale e con un futuro volto allo sviluppo. Di recente, abbiamo acquisito la Magnetic di Montebello Vicentino e la Mado di Chignolo D’Isola. Lo scorso maggio arriva la tredicesima acquisizione, quella della Sicme Motori di Torino, che ha ricavi per 18 milioni di euro e 90 dipendenti.

D. Quali sono i recenti dati che descrivono l’attuale situazione di Orange1?
R. Siamo presenti in 70 Paesi nel mondo, con un fatturato di circa 200 milioni, 11 stabilimenti produttivi, 14 aziende acquisite, 1.200 dipendenti. Produciamo annualmente oltre 1 milione di motori elettrici asincroni monofase e trifase, 5 milioni di avvolgimenti per motori elettrici asincroni, 60 mila drive per motori elettrici, 20 mila tonnellate di alluminio pressofuso e 12 milioni di pezzi di torneria di alta precisione per il settore auto motive. Ora puntiamo alla leadership anche nella pressofusione in alluminio con la divisione «Foundry».

D. Come siete entrati nel mondo delle corse?
R. Internation Gt Open, Lamborghini Blancpain Super Trofeo e Campionato Italiano Rally sono le nostre nuove sfide. Lo sport è il completamento della realtà dinamica del mondo Orange1, anche con le divisioni Oxygen Orange1 Basket e Orange1 Racing, nata nel 2016, dove il motto aziendale #wearepassion dimostra che con vera passione si può raggiungere ogni traguardo.

D. Funziona il team competitivo di Orange1 Racing?
R. Dodici mesi fa, in Friuli, il nostro principale concorrente dichiarava che non aveva bisogno di un «aiutino» per vincere. Quest’anno, invece, si è fatto cedere la posizione dal giovane compagno di squadra in più di un’occasione, e si è presentato a Verona forte della presenza di un ex-campione italiano ed europeo, schierato con il dichiarato intento di dargli manforte nella lotta per il titolo. Questo è il complimento più bello per noi di Orange1 Racing, perché vuol dire che abbiamo saputo farci temere e rispettare, noi team privato in lotta contro squadre ufficiali. E tutto questo alla nostra prima stagione vera e con una vettura vincente. Evidentemente il leader provvisorio, il suo team ed il suo fornitore di pneumatici hanno paura di noi e questo ci riempie di orgoglio e fa salire l’adrenalina.

D. Chi è il vostro rappresentante tra le «Pantere alate»?
R. Simone Campedelli, con il navigatore di riserva Pietro Ometto, presentatisi a Verona carichi dopo aver dominato anche il Rally di Roma Capitale, confermando di essere qualcosa di più di una semplice minaccia per i rivali. Abbiamo scelto di contare esclusivamente sulle nostre forze e su quelle del team Brc e della Michelin, che hanno garantito il massimo supporto durante tutto il campionato.

D. Nel Rally di Roma Capitale come si sono qualificate le «Pantere alate»?
R. Vittoria in entrambe le tappe e massimo dei punti in palio per Campedelli e Ometto: le «Pantere alate» hanno dominato l’intero week-end con la Ford Fiesta Brc e sono andate via dal Lazio con una doppietta che consolida la loro seconda posizione in campionato, a pochi punti dal leader provvisorio.

D. Avete appena svolto un grande evento a Verona, «Ruggiti di passione». Di che si è trattato?
R. Con «Ruggiti di passione» abbiamo voluto lanciare dei progetti di promozione del lavoro, della cultura e del territorio. Cogliendo l’occasione della finale del Campionato Italiano di Rally in cui abbiamo partecipato con la nostra scuderia Orange1 Racing, abbiamo coinvolto il pubblico in una serie di iniziative, conferenze, laboratori dedicati ai giovani, alla cultura, alla passione e al sociale, come il «Rally Therapy» del 14 ottobre che ha dato la possibilità a 20 giovani disabili di partecipare ad un emozionante test drive di rally, e il «Recruiting Day» del 15 ottobre durante il quale ai giovani è stata data l’opportunità di presentare la loro candidatura al management della Holding Orange1.

D. In che modo sostiene lo sport?
R. Oltre che con Orange1 Racing, sostengo i ragazzi della squadra di Basket Bassano, e non solo. Un’iniziativa particolare è stata quella in Brasile, dove una squadra locale di giovani pallavolisti di Campinas, che ha visto sui social quanto siamo attivi, ci ha chiesto un contributo, e abbiamo voluti aiutarli.

D. La vostra comunicazione è molto attenta: come la affrontate?
R. Abbiamo acquisito l’Italian Graphic Design di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, con 30 anni di esperienza, per integrare il mondo dei nostri servizi al fine di supportare le politiche di marketing sempre più strategiche per la crescita del gruppo. Comunicare chi siamo e cosa facciamo a dipendenti, clienti e fornitori è diventato imprescindibile e questo deve essere fatto con velocità, professionalità e passione.

D. Dove vuole andare attraverso tutte queste acquisizioni?
R. Perseguo per la mia società l’obiettivo di divenire l’interlocutore unico per prodotti diversificati. Tutto fa capo a una holding di partecipazione industriale. Dal 1998 abbiamo avuto acquisizioni per 50 milioni di euro, investimenti in immobili per 20 milioni e per oltre 50 milioni in tecnologia, miglioramento dell’efficienza e nuovi prodotti.

D. Una realtà molto incentrata nel Veneto. C’è qualche influenza straniera?
R. Il nostro prodotto è completamente Made in Italy, e nel settore dell’elettromeccanica in Italia costituisce un’eccellenza, riconosciuta a livello mondiale sia per la componentistica che per il prodotto finito. Il Veneto mi ha aiutato non tanto come regione in sé, ma nel suo spirito, nell’energia che si respira.

D. I motori, appannaggio degli uomini si dice. Ma Orange1 impiega molte donne. In che modo?
R. Orange1 Holding si è sempre distinta nell’ambito della parità di genere, garantendo alle donne le stesse opportunità degli uomini in termini di affermazione professionale. Ad oggi il gruppo internazionale specializzato nel settore metalmeccanico di Arsiè conta 408 donne su un totale di circa 1.200 dipendenti, ovvero il 34 per cento della forza lavoro e i 3/10 delle posizioni lavorative ritenute strategiche sono ricoperte da donne. La sensibilità verso le tematiche della parità di genere si concretizza nell’attuazione di strumenti come il «work-life balance», ossia un bilanciamento tra vita privata e lavorativa con orari di lavoro atti a soddisfare le esigenze dei dipendenti, l’orario flessibile, nato nel settore tessile proprio per la forte maggioranza femminile, e le pari opportunità in termini di carriera e apprendimento. Queste politiche gestionali ci hanno permesso di ottenere «quote rosa» in costante crescita in tutte le aziende e un clima aziendale favorevole alla creazione di un circolo virtuoso, in cui i dipendenti crescono insieme all’azienda.

D. In che modo avete affrontato la crisi italiana, europea ed internazionale?
R. In quanto legati al settore dell’automotive abbiamo anche noi avvertito la crisi, ma grazie alla capacità di rivedere il business aziendale e modificare le dinamiche dei costi siamo riusciti a trovare soluzioni vincenti per rimanere sul mercato con determinazione, subendo solo in minima parte le problematiche economiche e finanziarie e superandole in modo positivo.

D. Recruiting, lo state facendo anche ora. Il settore, dal punto di vista del lavoro, incontra la domanda?
R. Abbiamo difficoltà a reperire personale specializzato e flessibile negli spostamenti rispetto al luogo di dimora, per questo siamo molto attivi nelle collaborazioni con scuole ed enti di formazione. Inoltre, puntiamo principalmente sulla competenza, e abbiamo un’apertura internazionale: non importa che lingua parli la nostra risorsa, purché sia una risorsa.

D. Investite in ricerca e sviluppo?
R. La funzione R&S rappresenta un settore strategico per il mio gruppo. La progettazione e lo sviluppo di nuovi prodotti è un fattore cruciale per una realtà industriale in costante mutamento a causa delle continue innovazioni tecnologiche e della concorrenza. Sono l’assidua ricerca, la voglia di emergere e la sete di novità a muovere tutte le scelte e le strategie aziendali. Orange1 Holding sviluppa prodotti in grado di adattarsi ad eventuali modifiche e richieste. Prima del lancio di un nuovo prodotto sul mercato promuoviamo una lunga analisi di ricerca e sviluppo finalizzata a un compromesso tecnico ed economico che consenta di raggiungere un alto livello qualitativo. Flessibilità ed efficienza ci hanno inoltre consentito di orientarci sempre di più verso le richieste specifiche del cliente, realizzando versioni personalizzate per applicazioni speciali. Questo costante impegno nella «customizzazione» dei prodotti ha permesso lo sviluppo tecnologico e di processo.

D. Perché lei è definito la «Pantera»?
R. Questo nome mi è stato dato prima di tutto all’interno dai più stretti collaboratori, sembra infatti che questo animale abbia caratteristiche che mi rappresentano: la velocità di esecuzione dei lavori ma anche la velocità dei motori, la velocità di pensare e agire. La pantera è capace di grande accelerazione, il nostro gruppo ne esemplifica la corsa. E punta l’obiettivo senza esitazione. Poi la definizione è stata ripresa all’esterno, e la pantera è divenuta il nostro simbolo. (ROMINA CIUFFA)

Romina Ciuffa e Armando Donazzan (foto EROS MAGGI)

GALLERY

#gallery-3 { margin: auto; } #gallery-3 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-3 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-3 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */