PAPA LEONE XIV COME TUTTI I MIEI EX
Amore patologico dici. Un Papa è appena morto, un altro si è appena insediato e, tra i suoi primi atti dichiarativi, sostiene immediatamente che la famiglia è fondata sull’unione stabile tra uomo e donna. Leone XIV si schiera subito a sfavore di tutte le altre famiglie che sono oggettivamente tante e vive nella società, in questo modo escludendole senza guardarsi indietro (Francesco). Il concetto di famiglia è andato variando ed ora, a prescindere dall’appoggio agli omosessuali e agli altri tipi di gender, è assolutamente mutato, pertanto descriverlo come unione – peraltro stabile – tra un uomo e una donna rende gli innamorati di Papa Leone XIV molto pochi, considerando anche come sia venuta meno la stabilità della stessa famiglia, instabile per ufficialità dal 1970, anno in cui è stato garantito per via di legge il diritto a divorziare. Pertanto fuoriescono da questa rinnovata Chiesa moltissimi, probabilmente in numero assai maggiore di coloro che restano, compresi i migranti che Prevost ha indicato sentimentalmente tra gli ultimi, ossia i primi da difendere ed amare, poi però richiedendo assicurare agli immigranti la possibilità di rimanere nelle loro terre (mentre Bergoglio aveva parlato di diritto di migrare), rendendo così molto chiara la sua politica contro ogni vociferare che si era fatto in questi giorni rispetto ad un’apertura dell’americano sul mondo.
Si schiera così subito contro il morto Francesco che aveva pronunciato un grande chi sono io per giudicare? in riferimento alle persone omosessuali e che, con il suo operato, aveva fatto sì che il suo non giudizio per umiltà fosse esteso a tutto e tutti. È chiaro come Prevost non intenda, come aveva fatto il suo predecessore, amare il prossimo suo “come se stesso”, restituendo il più classico degli amori patologici di sempre: quello della Chiesa verso i credenti e, soprattutto, verso l’essere umano in qualunque versione, ivi inclusa quella di ultimi che lo stesso Leone XIV ha, tra le sue prime dichiarazioni, sostenuto avrebbe protetto riferendosi alla ritrovata centralità del Cristo e dell’Occidente. Un amore estremamente patologico che si dirama in un senso unico, quello dei credenti verso il Papa e la Chiesa e non il reciproco, in una dinamica di amore egoistico e narcisista.
Questo è l’amore del Papa – più di quello vivo, meno di quello morto, verso l’altro -, qualcosa che è solo prendere senza dare se non dichiarazioni scritte da un ufficio stampa, immesse nel filo conduttore della regia ecclesiastica che oggi torna ad essere più nera che rossa, un vero e proprio far credere (i creduloni) che fa sì che ad esso guardino tutti gli esclusi (moltissimi) nel mondo come ad un vecchio potere spirituale che oggi non ha più nessuna ragione di essere, soprattutto quando non ama il suo prossimo e distingue tra figli e figliastri. Papa, mi ami o no? È il caso di dire: perché, allora, mi ci fai credere? In Dio, e in questo amore. In questo modo mostri solo di non essere in grado di amare, come tutti i miei ex.
Romina Ciuffa, 17 maggio 2025
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