NON SI DICA CHE IL MALATO È SOLO LO “STALKERINO”
NON SI DICA CHE IL MALATO È SOLO LO “STALKERINO”. E quanti mi piace ti ha messo, e quanti ne hai messi, e perché ti segue, e perché la segui, e perché sei online, e con chi sei su chat… Questi ed altri interrogativi nuovi hanno dato al tipico stalker la possibilità di controllare maggiormente, e fin qui tutto bene. Il problema è che internet, le chat e i social hanno creato nuovi stalker più alla base del sistema, i più addolorati, che non andrebbero a fare le poste sotto casa di lei o non la seguirebbero per strada per vedere dove va, non le manderebbero messaggi ossessivi ma sì che impiegherebbero tutti i mezzi alla loro portata, oggi, non necessariamente per divenire molestatori, per ossessionare forse ma, di certo, per ossessionarsi. E così, attraverso i nuovi media che oramai già tanto nuovi non sono, è stata cavata dalla popolazione una grandissima fetta di coloro che passano giornate e notti intere a controllare su internet qualunque mossa dell’altro.
Costoro non avrebbero mai pensato di aprire una lettera non propria, di spiare con il binocolo all’interno della casa dell’altro, di verificare quando l’altro alzi la cornetta, eppure è proprio ciò che stanno facendo virtualmente. Il reato di stalking, dunque, si è andato a popolare di nuovi intrusi ossessivi anche tra le fila della “brava gente”, un semplice innamorato che mai farebbe male all’altro ma che, in compenso, fa male a se stesso spiando di continuo le attività sociali di chi, effettivamente, insistendo sui social non fa che dargliene l’occasione mostrandosi a chiunque. Spesso lo spiato (non è il caso, per questa fascia di cui parliamo, parlare di molestato, poiché non si giunge nemmeno da lontano a concretare la fattispecie di quegli atti persecutori richiesti dall’articolo 612-bis del codice penale) non sa nemmeno di esserlo, perché il suo “stalkerino” (definizione mia per indicare uno stalker non giunto a maturazione tale da essere perseguito) in effetti non fa nulla di male, oltre ad ossessionarsi su cose che l’altro condivide pubblicamente.
Se le percentuali di stalker nel mondo sono tutte a favore di maschio, essendo i soggetti maschili oltre l’ottanta per cento, le donne al di sotto del venti, nel cyberstalking le percentuali tendono a variare. L’ossessivo diviene anche ossessiva, e lei cerca, attenta, ogni conferma che l’altro o l’altra stia attuando determinati comportamenti, confermandoli con rinforzi positivi, valutando molto meno le esclusioni, ossia, concentrandosi solo sul lato negativo di questa medaglia. Molto spesso le due persone sono una vera e propria coppia nella quale la fiducia manca o è venuta a mancare (lo stalking commesso dal partner è punito più alacremente). La patologia può raggiungere, in tutti i casi, alti livelli di gravità quando è lo stesso “stalkerino” a provare quel senso di ansia e disagio tale anche da cambiare il proprio stile di vita, che è invece richiesto dalla fattispecie del reato penale. Paradossalmente, dunque, lo “stalkerino” sta anche peggio dello “stalkerinato” che, in effetti, non per forza se ne accorge, e prova continue fitte allo stomaco, si ossessiona, non vive più, ha paura, avverte angoscia e una forma reiterata o continua di ansia, che niente può calmare. Questo disagio difficilmente va via con psicofarmaci o con una terapia psicologica, perché la “social-izzazione” (post, online, chat ed altro) prosegue e, finché non ci si sia allontanati sostanzialmente da quell’oggetto d’amore o di interesse, non sarà possibile allontanarsene anche formalmente, staccando computer e cervello.
Internet è stato un toccasana, ma ha creato malattie non curabili, tra le quali certamente l’assedio virtuale della propria insicurezza. A soggetti non candidabili per un reality show in quanto fino a ieri più attenti alla propria riservatezza viene praticamente inserita una telecamera in casa e, la cosa più assurda, è che sono essi stessi ad accenderla continuamente mostrandosi con post, chat, commenti, e una pallina verde “online”; così, chi vuole sapere di lui ha immediato accesso alla sua casa, al suo telefono, alle sue idee, ai suoi orari. Poi, però, non si dica che il malato è solo lo “stalkerino”.
Romina Ciuffa, 23 maggio 2025
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