PSICOLOGIA DELL’ASTRONAUTICA: DA GAGARIN AL CONVEGNO ITAPA

di ROMINA CIUFFA. La Psicologia dell’Astronautica inizia nel 1961 con il lancio del primo uomo nello spazio. Alla pubblicazione “La psicologia e il cosmo”, che Jurij Gagarin (astronauta che il 12 aprile 1961 compiva il primo volo orbitale attorno al globo) scrisse insieme a Vladimir Lebedev, può farsi risalire – dicono – il primo testo di psicologia dell’aviazione, del tipo spaziale. Il volumetto era già pronto, ma venne pubblicato postumo: uscì dopo la scomparsa – avvenuta il 27 marzo 1968 nel corso del collaudo di un aereo sperimentale, precipitando con l’apparecchio in un campo a trenta chilometri da Mosca – del suo autore astronautico, colto dal fascino pioniere di una nuova umanità volante e stellare, e da emozioni che aveva già messo per iscritto in “Non c’è nessun dio quassù” e in “Quello che ho visto nello spazio. Psicologia e cosmo nell’esperienza del primo uomo a volare tra le stelle”. Cosa è dei valori dell’uomo, del suo legame con il mondo, con la vita a terra, con i suoi cari e con l’umanità in genere, quando si trova immerso in un’atmosfera estranea a tutto ciò che è “esistenza” o “casa”? Come sono alterate le percezioni, le valutazioni distorte, modificati i criteri di obiettività? Cosa vuol dire essere lontanissimi dalla comfort zone?

Probabilmente, come in guerra, si arriva facilmente a raggiungere un disturbo da stress post traumatico, seppure, anziché la trincea o la morte dei soldati, l’uccisione dei nemici, le ferite, si viva l’esperienza più grande ed “esistenzial-attiva” che una qualunque forma sulla Terra (dalla foglia al girino all’uomo) possa sperare di compiere. E, guardando indietro, non si vede una trincea, non si sente l’odore del sangue: lì, guardando dietro a sé, si staglia un muro di grandezza e infinità, il muro dello spazio. Ossimoro che può spingere chi è stato lassù – per la prima o per l’ultima volta, in un giro orbitale o mettendo il piede sul suolo lunare, lavorando o semplice passeggero miliardario di una missione “sightseeing” – a morire di “nullità”.

Fu attribuita a Gagarin la frase “non c’è nessun dio quassù”, ma sembra (da quanto dichiara colonnello Valentin Vasil’evič Petrov, docente presso l’accademia aeronautica militare intitolata allo stesso Gagarin, suo intimo amico) che fu il politico Nikita Chruščëv a pronunciarla per sostenere la campagna antireligiosa dell’epoca (“Perché state aggrappati a Dio? Gagarin volò nello spazio, ma non vide Dio!”, aveva detto nel corso di una sessione plenaria del Comitato centrale del Partito comunista sovietico). Di certo la sua psicologia, però, ne fu colpita, a prescindere dall’anelito spirituale, e il poeta Salvatore Quasimodo parlò di una esaltazione della “intelligenza laica dell’uomo” relativamente al carattere essenziale del volo di Gagarin, come riportato nella quarta di copertina del testo pubblicato da Editori Riuniti. Tanto che “La psicologia e il cosmo” può essere considerato il primo testo di Psicologia dell’aviazione.

Lo fece notare anche Vladimir Lebedev – primo essere umano a lasciare la sua capsula spaziale per rimanere sospeso liberamente nello spazio compiendo la prima attività extraveicolare della storia – a Lorenzo Mezzadri, presidente dell’Italian Flight Safety Committee (IFSC), l’associazione italiana di esperti di sicurezza del volo impegnata nel miglioramento della sicurezza aerea all’interno della comunità aeronautica italiana. L’Italian Flight Safety Committee nasce sull’esperienza di quanto già realizzato con successo in altri Paesi: Stati Uniti (Flight Safety Foundation) e Regno Unito (UK Flight Safety Committee). La denominazione anglofona dell’associazione è frutto di questo retaggio.

Mezzadri ne parla nel corso di un incontro – lo scorso 6 maggio a Roma – in cui si sono riuniti i maggiori esperti italiani ed europei sulla psicologia dell’aviazione per il primo convegno organizzato dall’Associazione italiana Psicologia dell’Aviazione (ITAPApresieduta da Alessandra Rea, sodalizio formato da psicologi ed esperti di human factor che opera dal 2019 e che rappresenta oggi il polo italiano di aggregazione culturale sul tema. Alla presenza di Alessio Quaranta, direttore generale dell’ENAC, Maurizio Paggetti, CEO dell’ENAV, e David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, che lo hanno introdotto, si è snocciolata la tematica dell’Aviation Psychology e della salute mentale e benessere dei professionisti dell’aviazione, includendo la parte spagnola con Adela González Marín (presidente dell’AEPA, Asociación Española de Psicología de la Aviación) e Francisco Santolaya Ochando (presidente del Consejo General de la Psicología).

Mezzadri, oltre a presiedere l’IFSC, è docente presso l’Università La Sapienza di Roma della materia Psicologia aeronautica ed aerospaziale, insegna presso l’Ispettorato superiore di Sicurezza del volo dell’Aeronautica militare italiana e presso l’Università statale “MGU” di Mosca, è ricercatore negli studi sul fattore umano nei voli spaziali internazionali di NASA, ESA e Rosskosmos e lavora con l’ATO Urbe Aero.

Riassume Mezzadri: 

“Nel 1957 si lancia lo Sputnik, ed è la prima volta che un oggetto costruito dagli umani riesce a superare l’atmosfera e a rimanere in orbita; nello stesso anno il primo essere vivente, la cagnetta Laika (il nome non era quello, “Laika” si riferisce alla razza) viene lanciato nello spazio. Si arriva alla psicologis aerospaziale con il 1961, quando l’Unione Sovietica lancia il primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin, dunque la prima donna nel 1963, Valentina Tereskova. È del 1965 la prima attività extraveicolare (EVA), la prima volta che un uomo apre un portellone di una nave spaziale ed esce con la propria tuta, senza sapere se potrà sopravvivere a temperature estreme, mancanza di ossigeno e di atmosfere: fu Aleksej Leonov, con cui ho avuto l’onore di lavorare, che è venuto a mancare poco tempo fa, innamorato del nostro Paese e della psicologia: fu proprio lui a regalarmi un libro, che considerava essere il primo libro sull’Aviation Psychology, scritto dallo stesso Jurij Gagarin insieme a Vladimir Lebedev”.

 
Vladimir Lebedev

Prosegue:

“Il primo volo sulla Luna, Apollo 11, è del 1969; del 1971 la prima stazione permanente Salyut 1, del 1975 il primo incontro e attracco nello spazio tra Usa e Urss con Apollo e Soyux con Aleksej Leonov. Era momento di massima tensione tra i due Paesi, e i due presidenti di allora avevano deciso di dare un segnale di disgelo e di mandare i loro uomini nello spazio per mostrare che si poteva dialogare, e mi fa piacere dirlo adesso, nel momento in cui stiamo, sperando che psicologia e astronautica possano riunire piuttosto che dividere. Nel 1981 fu effettuata la prima missione nello spazio dello Shuttle Columbia, e nel 1986 toccò alla stazione spaziale russa MIR. Nel 1998 si ebbe la prima vera cooperazione spaziale internazionale, la ISS, International Space Station (giapponesi, europei, canadesi ed americani). Il 2004 è un’altra data fondamentale perché abbiamo l’ingresso dei privati nell’esplorazione spaziale, in orbita bassa, con Space Ship One, e nel 2008 in volo orbitale con SpaceX Falcon I, mentre nel 2012 attracca alla ISS la prima navicella privata SpaceX Dragon, fino al 2020, anno del primo volo con equipaggio creato da un ente privato, SpaceX Crew Dragon”.

Le istituzioni, in questo caso la NASA, sono sempre presenti coordinando le attività dei privati. La motivazione è giuridica: i privati possono compiere questo tipo di attività, lanciare razzi o satelliti, però se avviene un incidente in volo di aviazione responsabile è la compagnia aerea con le sue assicurazioni, per quanto riguarda il trattato sulla liability internazionale nello spazio, invece, responsabile diretto è il Paese di lancio e non la società privata che lo ha effettuato. Questo il motivo per cui gli Stati Uniti in questo caso sono coinvolti con la Nasa in prima persona.

Quando si parla di aeronautica, e quando di astronautica? 

“Quando parliamo di psicologia dobbiamo capire subito qual è l’ambito di appartenenza e l’ambiente in cui ci si trova ad operare. La differenza tra astronautica e aeronautica è fissata nel bounder della Kármán Line, una linea immaginaria posta ad un’altezza di 100 chilometri (330.000 ft) sopra il livello del mare che segna convenzionalmente il confine tra l’atmosfera terrestre e lo spazio esterno, oltre la quale lo spazio è di tutti. Infatti, la rarefazione dell’aria oltre quel limite non consente all’aeroplano di sostenersi ancora con le leggi dell’aeronautica, ed interviene il fattore velocità: per questo le capsule spaziali non hanno una forma particolarmente aerodinamica, non essendo questa importante per il volo oltre certi limiti. Questa è la prima divisione tra aeronautica e astronautica”.

Il primo problema che hanno gli psicologi dello spazio è la scarsità di materiale umano. Nella storia dell’esplorazione spaziale abbiamo solo 565 astronavi dal 1957, 500 uomini e 65 donne, di cui 7 astronauti italiani (Roberto Vittori e Paolo Nespoli ne hanno fatte tre), ed è difficile lavorare con questi dati, essendo statisticamente molto bassi.

“È molto difficile riprodurre quello che succede in orbita qui sulla Terra, cosa abbastanza diversa rispetto al mondo aeronautico dove si hanno simulatori molto sofisticati. L’assenza di gravità è l’ostacolo più ingombrante. Esistono dei voli parabolici, ossia dei voli in cui gli aerei compiono parabole salendo e scendendo per circa trenta volte, ma il momento in cui si sperimenta la fluttuazione non dura oltre 30 secondi, per cui è difficile abituare l’astronauta all’assenza di gravità che sperimenterà nello spazio. Nelle piscine, invece, ci si immerge con una tuta riempita d’aria per simulare le attività extraveicolari, che consente di galleggiare sott’acqua senza salire e senza scendere. Si fanno corsi di sopravvivenza, nel caso nel rientro qualcosa andasse storto: a parte lo shuttle, si cade giù come sassi”.

Uno dei problemi nella psicologia degli astronauti prima della missione è il workload management. L’addestramento viene fatto in tre luoghi diversi: Giappone, per la presenza di simulatori di una parte della ISS, a Colonia per altre parti, negli Usa, e infine nel Paese di lancio, in un solo anno. Ciò comporta problematiche anche culturali e di background professionale, a partire dal team building. Se prima gli equipaggi erano composti da soli americani o soli russi, da un certo punto in poi si è cominciato ad avere degli equipaggi misti, necessitandosi così degli approcci diversi.

Durante la missione, gli astronauti devono scontrarsi con:

  1. stress sensoriale e motorio (zero G di gravità);
  2. mancanza di privacy;
  3. disturbi del sonno (un giorno sulla Terra equivale a 90 minuti nello spazio);
  4. rischio di conflitti interpersonali a bordo;
  5. lontananza dalla famiglia e dalle persone care; in una parola sola, dalla Terra.
Dopo la missione, i problemi riguardano:
  1. il riadattamento alla gravità;
  2. il reinserimento nella vita quotidiana;
  3. la sindrome dell’adattamento post missione (depressione, ansia, difficoltà di adattamento).

Rispetto a questi punti psicologici, Mezzadri cita il libro “Moondust – In Search of the Men Who Fell to Earth”, in cui il giornalista Andrew Smith rintraccia i nove membri sopravvissuti del gruppo d’élite che ebbe l’opportunità di essere a bordo delle missioni Apollo, per trovare le loro risposte alla domanda: “Dove vai dopo essere stato sulla Luna?”. L’intervista venne interrotta da una telefonata che annuncia la morte di uno dei dodici moonwalkers, Pete Conrad.

Romina Ciuffa




SPAZIO: SULLA LUNA E SU MARTE, SI SPOSA E SI PARTE

di ROMINA CIUFFA. Reportage Spazio dal Fly Future 2022, l’evento ideato da Luciano Castro. 

È lui, l’astronauta della porta accanto. Franco Malerba, il primo italiano a varcare i confini della stratosfera e arrivare di là, consapevole di avere (il 2 per cento di) probabilità di arrivare nell’aldilà. Da Busalla (Genova) fino a 508 chilometri in su, sullo Space Shuttle Atlantis della NASA, per portare un satellite Tethered (letteralmente “legato”) nello Spazio e testarne le potenzialità indicate da Mario Grossi, che ne concepì il progetto già nel 1972 al fine di risolvere il problema delle comunicazioni adottando una lunga antenna di 100 chilometri, la quale si sarebbe potuta srotolare da un satellite posto in orbita geostazionari; e da Giuseppe “Bepi” Colombo, il “meccanico del cielo”, che ipotizzò sistemi a filo legati ad uno shuttle che potessero generare energia elettrica o sfruttare l’effetto fionda per immettere in orbita altri satelliti, e alla cui scomparsa – unita al fragore della prima tragedia dello Shuttle Challenger – si deve il procastinamento della missione, concretizzatasi solo nel 1992.

Per questo si può certamente affermare che la vita di Malerba fosse legata ad un filo. Esattamente tra il 31 luglio e l’8 agosto del 1992, a bordo della missione spaziale del Programma Space Shuttle (150imo volo umano nello Spazio) avente l’obiettivo primario del dispiegamento di EURECA (European Retrievable Carrier) dell’Agenzia Spaziale Europea e l’esperimento NASA/ASI Tethered Satellite System (TSS). Finalmente un astronauta italiano, ma anche una missione “in italiano”: infatti, “Agenzia Spaziale Italiana” era scritto tutto per intero per sottolineare la presenza dell’ASI, mentre oggi non è più necessario ricorrere all’iscrizione per esteso dell’intero nominativo, essendo sufficiente indicare “ASI”. Ovvero sia: l’ASI non ha più bisogno di introduzioni, ed è conosciuta a livello internazionale. Tanto che lo scorso 7 gennaio Samantha Cristoforetti ha ricevuto dalle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il tricolore italiano da portare sulla Stazione Spaziale Internazionale, verso la quale è partita il 27 aprile 2022 alle ore 09:52, decollando dal John F. Kennedy Space Center con la missione SpaceX Crew-4.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=Si1gzUNd0jg]

Ma le cose cambiano, e le referenze nello Spazio ora sono anche private, società appaltanti e grandi finanziatori lavorano per rendere lo Spazio un luogo “conosciuto”. Di questo è consapevole anche Paolo D’Angelo, fellow della branca italiana della British Interplanetary Society, giornalista ed esperto di missioni spaziali, che parla di vero e proprio turismo spaziale destinato ad ampliarsi enormemente, ma già attivo e concreto. Tanto che Astro-Samantha è stata selezionata per partire con la compagnia privata SpaceX (Space Exploration Technologies Corporation) fondata già nel 2002 dal multimiliardario Elon Musk allo scopo direndere lo Spazio accessibile e sostenibile grazie all’abbattimento radicale dei costi. Un abbattimento che, di certo, non sarà sufficiente a mandare “di là” semplici “ricchi”, o a fondare una “Hertz” delle astronavi; ma che di certo apre l’era dello sfruttamento commerciale dello Spazio e di una space economy volta a rendere l’umanità una specie multiplanetaria, capace di vivere anche lontano dalla Terra, includendo un nuovo movimento basato sull’innovazione, sulla Terra e sugli altri pianeti – a partire da Marte.

Malerba descrive il suo volo nello Spazio:

“Nel 1992 ero a bordo per portare nello Spazio un satellite molto particolare tenuto attaccato con un filo allo shuttle. Decollo: a bordo si sobbalza. I razzi laterali sono molto vigorosi e l’atmosfera resiste alla nostra avanzata. Rapidamente arriviamo in orbita ed il mondo cambia, siamo in assenza di peso e la Terra ci appare da lassù. Tutto diventa più complicato nella predisposizione degli esperimenti. La Terra ora è visibile attraverso uno degli oblò. Vengono in mente le fatiche prima di arrivare fin qui, le prove delle emergenze probabili o improbabili che possono capitare: ancora non è scomparso il ricordo dell’incidente nello Spazio (NDR: il disastro dello Space Shuttle Challenger avvenne la mattina del 28 gennaio 1986; venne distrutto dopo 73 secondi di volo causando la morte di tutte le 7 persone a bordo, ossia 6 astronauti e un’insegnante. La causa dell’incidente fu un guasto a una guarnizione). Giorni dopo, lo Shuttle rientra e si ricorda di essere un aereo oltre che un essere spaziale, volando come un aliante sul tappeto rosso degli eroi”.

“Eravamo i portatori di un messaggio di competenza e professionalità e per l’ASI, nata da poco nel 1988, era il debutto, con un astronauta dal passaporto italiano a bordo. Io ho volato con l’insegna dell’ASI, la Cristoforetti oggi lo fa con la maglietta dell’ESA”. 

Un progetto di grande portata, quello che vide Malerba andare in orbita come Prime Payload Specialist per la missione TSS-1:

“Dovevamo lanciare il Tethered e tenerlo attaccato al satellite con un cavo che assicurasse connessione elettrica e meccanica, potendo con esso interferire con il campo terrestre e, generare una differenza tra i due corpi, compiere gli esperimenti ipotizzati da Grossi e Colombo”. 

Ma andare nello Spazio per lui era già in programma nel 1978, quando lesse – su un ritaglio del Financial Times che un collega gli portò dalla Gran Bretagna – che l’Europa occidentale era stata chiamata a selezionare scienziati e ingegneri per partecipare al primo volo dello SpaceLab.

“Entrai nella rosa dei finalisti, ma il 9 maggio del 1978 avvenne l’omicidio Moro, cui seguì un grande caos politico”. Nonostante l’Italia fosse, dopo la Germania, secondo finanziatore del progetto, e per il principio del giusto ritorno dei Paesi finanziatori era a tutti gli effetti titolare di un posto in orbita, “ricevetti una telefonata in cui mi veniva comunicato che l’Italia non avrebbe fatto parte della missione”. Partì un astronauta tedesco. “Allora avevo 32 anni, l’età ideale: prima è difficile diventare astronauta per mancanza di competenze, dopo, invece, si ha davanti un orizzonte che non giustifica più il costo dell’addestramento”. 

“Io rimasi comunque fedele all’impegno, e l’Italia investì di più nello Spazio. Furono anni magici per lo Spazio italiano, con progetti ben finanziati che costituirono la base di ciò che è oggi”Cercasi astronauta per il programma Tethered dell’Asi: “L’ultima mia chance. Ottenni il mio biglietto d’imbarco”. 

Così partì nel 1992, per otto giorni nello Spazio con Claude Nicollier dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), Loren Shriver, Andrew Allen, Jeff Hoffman, Franklin Chang-Diaz e Marsha Ivins, della NASA. Lo Shuttle Atlantis era progettato e realizzato da Alenia Spazio di Torino, i bracci telescopici prodotti da Piaggio Aerospace e gli strumenti dai laboratori degli scienziati italiani e americani, con finanziamenti rispettivamente di ASI e NASA.

Talmente tethered furono gli astronauti imbarcati, che circolarono foto e vignette in cui si ritraevano attorcigliati ad un filo. Ride bene chi ride per ultimo: il cavo che teneva il satellite vincolato allo Shuttle si srotolò solo per 260 metri dei 20,7 km previsti, a causa di un problema tecnico causato da un bullone troppo sporgente, ma la lunghezza ottenuta servì a studiare come rilasciare, controllare e recuperare il satellite, e il sistema si rivelò più facile da controllare e più stabile di quanto previsto. Missione riuscita.


“La ISS è la base attuale per lavorare nello Spazio, microgravità ed orbita bassa (400 chilometri), in assenza di peso. La giornata dura 90 minuti, siamo fuori dai ritmi terrestri ma siamo molto vicini ancora alla Terra. Si mangiano ancora cose come la piadina di Samantha, che lei spiega in un recente TikTok (NDR)   che arrivano da una logistica terrestre. Una flotta di bettoline spaziali riforniscono la ISS regolarmente, qualche settimana prima che arrivi il nuovo equipaggio arriva quanto necessario per il loro mantenimento”.


Sulla Luna e su Marte, si sposa e si parte – e si dà principio all’arte – è il caso di dire ormai.

“Gli insediamenti lunari saranno più complessi nel rifornimento: se vorremo realizzare habitat permanenti (ossia relativamente lunghi), sarà necessario inventare l’agricoltura lunare in LowG, bassa gravità. Così nell’esplorazione lontana per Marte, dove saremo esposti all’assenza di peso e a radiazioni per lungo tempo e dovremo essere autonomi nel cosmo”.

Per questo Malerba ha una soluzione, che integra nel suo SpaceV (Space Vegetables o Space Veg), startup italiana fondata nel 2021 con sedi a Genova e Nuoro, che ha un posto nell’ecosistema spaziale attraverso l’impegno nello sviluppo della sua tecnologia Multilevel Adaptive Greenhouse (nella foto sotto). In un motto: come coltivare al meglio le piante negli avamposti extraterrestri. Si tratta di intervenire sui sistemi biorigenerativi e ricreare l’equilibrio terrestre nello Spazio.

“Sulla Terra c’è equilibrio tra il regno vegetale e il regno animale: il primo produce e consuma C02, mentre i nostri rifiuti prima o poi riciclati possono servire come alimentazione per il mondo vegetale. Similmente dovremmo provvedere in un mondo in cui non avremo a disposizione una Terra «tutta pronta». Sulla ISS si sperimentano alcune coltivazioni: nella serra Veggy ad esempio,  le piante crescono anche in MicroG. Avere una buona alimentazione è fondamentale per gli astronauti, già stressati per le differenti condizioni”.

Nel tema dei sistemi rigenerativi Stefania De Pascale, professoressa di orticoltura e floricoltura della Federico II di Napoli, parla di colonie spaziali.

“L’astronauta del futuro sarà un agricoltore o un agronomo, nonché un geografo, dovrà sapere di tutto. Dovremo riciclare rifiuti nell’ambito di un’alimentazione vegetale per poter sopravvivere a Marte”, spiega Malerba, e dà il suo contributo: “SpaceV progetta una serra multipiano adattiva; su ogni piano può coltivarsi un vegetale diverso. La serra verticale implementa il principio adattativo e utilizza più ripiani mobili che si adattano in altezza permettendo una resa produttiva per unità di volume nell’unità di tempo molto alta. Modificando il livello dei piani si riesce a sfruttare al massimo il volume disponibile mentre le colture crescono”.  

Nel video seguente, il funzionamento della serra adattiva multilivello ad uso spaziale.


A proposito di mestieri interplanetari, Gianluca Casagrande, direttore del Geographic Research and Application Laboratory (GREAL), dell’Università Europea di Roma, spiega il rapporto tra geografia e Spazio:

Esogeografia, uno dei possibili futuri della geografia: stiamo parlando dell’attività umana al di fuori della Terra. I geografi arrivano dopo gli astronauti, e quelli di adesso sono simili a quelli del 500: uomini che non viaggiavano, e avevano il paradosso di raccontare mondi che non potevano fisicamente toccare, ma della cui esperienza facevano sintesi. Oggi comincia il controllo dello Spazio, ci sono già fenomeni di inquinamento delle orbite, è un percorso oggettivamente intrapreso. I geografi sono interessati ai progetti di insediamento e vita nello Spazio, ai fortunati viaggiatori, alle riflessioni di chi porta avanti questi programmi e costruisce sulle esperienze precedenti. E questo è il futuro”.

Nel video seguente, l’intervento del prof. Gianluca Casagrande il 24 maggio 2022 nel corso dell’evento Fly Future.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=JvbxJLTuD8A]


Un’altra proposta di Malerba è nello sport spaziale. L’assenza di peso non fa bene e l’astronauta deve allenarsi sempre, con ciò togliendo comunque tempo alla missione. Così l’astronauta europarlamentare si è domandato:

“Non sarebbe meglio creare un sistema rotante, fatto con due veicoli collegati da un cavo che girano nello Spazio i quali, avanzando, garantiscano a bordo una parvenza di gravità, o gravità artificiale, dovuta alla rotazione ossia all’accelerazione centrifuga? Nei miei calcoli ho valutato la necessità di un cavo lungo circa due chilometri, con una rotazione di 60 secondi, con il risultato della mia equazione pari a L=2~1800“.


Guerra in Ucraina, sanzioni, NATO, in una parola: Russia. Ne siamo dipendenti “anche” nello Spazio? A spiegarlo è Gabriele Mascetti, capo ufficio del Volo Spaziale Umano dell’ASI:

“Le stazioni spaziali non sono tanto lontane. Estendere la presenza umana al di fuori dei nostri confini, contro radiazioni improponibili: non è ancora possibile al giorno d’oggi affrontarle da un punto di vista tecnologico, ma è il costo il limite più grande. Nessun Paese è in grado di supportare da solo questa sfida. La destinazione ultima è Marte, e passa attraverso la Luna, banco prova per testare le nostre capacità di vivere in un ambiente spaziale. I nuovi astronauti hanno una tuta privata, le Agenzie nazionali pagano e appaltano, aziende di liberi servizi si affacciano sul mercato”. 

L’ESA ha confermato la sospensione della collaborazione con l’Agenzia spaziale russa Roskosmos per il programma ExoMars, che prevedeva il lancio verso Marte del primo rover europeo e della piattaforma scientifica russa Kazačok con un vettore Proton nell’estate 2022.

“C’è una situazione di crisi in Europa, la guerra in Ucraina ci fa rendere conto che dobbiamo lottare per una nostra indipendenza, non possiamo più lanciare il primo rover come programmato, a causa di questo conflitto. Ora più che mai c’è bisogno di gente motivata ad arrivare nello Spazio. Servizi di cargo, supply, gestiti da privati, lo stesso per la parte Crew: fino due anni fa gli astronauti viaggiavano su veicoli russi, ora viaggiano su veicoli americani e privati. Lo stesso accade nell’HLS, l’Initial Human Landing System, oggetto di una competizione NASA privata, e c’è chi sta investendo anche senza aiuti governativi”.

Nel video qui sotto, un intervento di Mascetti  aFly Future 2022.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=3UFbFj8Qv-k]


La crisi post pandemia ha colpito il mondo, e sembrerebbe non vi sia scampo per il momento. Nemmeno la luce, il gas, le automobili sono più abbordabili, il carburante è salito alle stelle. Ma, come lui, alle stelle salgono anche i simil-proprietari spaziali, e le selezioni alla Star Treck sono sempre più ampie, i posti dell’autobus Galassia sono numerosi e liberi. Sebbene in sovrapprezzo. Il Covid, nello Spazio, non fa danni.

“Il mercato del lusso non è scalfito dalla crisi”, spiega Mascetti, “e nel 2020, mentre il mondo si fermava, le aziende operanti nello Spazio hanno continuato a marciare in tutta velocità. C’è una selezione in corso e si apriranno prospettive per volare più lontano oltre che in orbita terrestre. Le nuove selezioni comprendono meno astronauti titolari e più riserve – da 9 selezionati a 20/30 astronauti abilitati – per tenere il team sempre fresco e favorire il ricambio generazionale”.


In sintesi, oggi non si sogna solo dello Spazio, ma si sogna anche dallo Spazio. Ho chiesto a Malerba cosa sognasse da lì, se l’inconscio avesse preso piede sulla razionalità scientifica, quali le paure oltre il coraggio, a che filo fosse intimamente legato nella missione-del-filo Tethered. Cosa potremmo mangiare se vivessimo finalmente su Marte: solo verdurine? C’è spazio per Darwin? O meglio: c’è Spazio per Darwin? Ed altre domande anticonvenzionali di appannaggio di chi, nonostante quanto si dica (“Né di Venere né di Marte, non si sposa non si parte, né si dà principio all’arte”), intende sposarsi sia su Venere che su Marte, e decisamente partire per dar principio all’arte. 

“TETHERED. Appeso a un filo”. L’intervista di Romina Ciuffa a Franco Malerba – versione integrale: 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=ANeZELRpywo]

Romina Ciuffa

 

 




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“MEMENTO ROMI” perché? Per non ricordare che “devi morire” (il latino “memento mori” dei Romani), ma per ricordare che ci sono io. A realizzare sogni, solidi. Inconsci, cognitivi. Senza dei quali non si è. Ossia: «Respice post te. Hominem te memento»: guarda dietro di te, ricordati che sei umano. Ed aggiungo: sogna, avvera.

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Con tali prodotti e collezioni si parte solo, ma IL SITO È IN CONTINUO AGGIORNAMENTO e saranno, con la forza dei giganti, introdotti prodotti su prodotti di ogni tipo. Consiglio iscrizione alla mailing list (NO SPAM), anche per ricevere il primo regalo di sconto-benvenuto. Al momento, molti prodotti sono in saldi, con buoni a scadenza discrezionale. D’ora in poi, accetterò solo comunicazioni per tali servizi tramite quel canale, dunque non più mail su Facebook e telefonate mentre mangio con suppliche di pubblicazione, od il classico “fammi volare ti prego”.

C’è tutto, e ci sarà talmente tanto di più da far impazzire gli eclettici. Questo è solo il primo annuncio generico. Ringrazio sinceramente chi, tormentandomi per anni con richieste, per me sinonimo di apprezzamento, mi ha dato la forza di impegnarmi di più, fino a questo.

Rammento solo una cosa: MEMENTO ROMI. Perché io non vendo realtà, ma solidi sogni.

Romina Ciuffa

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REPORTAGE AMATRICE. TUTTI I SUOI OROLOGI SONO FERMI ALLE 3:36

REPORTAGE AMATRICE. Da Amatrice è possibile vedere quattro regioni: il Lazio (di appartenenza), l’Abruzzo, le Marche e l’Umbria. Dalle quattro regioni non è più possibile vedere Amatrice. Il sisma del 24 agosto ha fermato tutti gli orologi amatriciani alle ore 3:36 della notte. Ciascuno di noi ricorderà sempre cosa stava facendo a quell’ora di notte, quando quella scossa di terremoto, non l’unica (finora ne sono quasi 2 mila), ha portato via 292 morti e ha raso al suolo, con essi, il tessuto economico, sociale e psicologico del luogo. Non solo Amatrice: Accumoli e Arquata sono le aree più colpite. Ma sono 69 le frazioni di Amatrice coinvolte. La scossa principale si è sentita anche a Roma e in tutto il territorio limitrofo. Era dal 6 aprile 2009 alle ore 3:32 della mattina che l’Italia non sperimentava la «litost» di un evento simile (parola ceca intraducibile che realizza lo stato di tormento creato dall’improvvisa realizzazione della propria miseria), e nemmeno a farlo apposta la terra ha scelto un orario simile per colpire le due aree e per bloccare gli orologi per sempre.

C’è chi dice che senza orologio non c’è futuro: eppure, ad Amatrice, è proprio l’orologio della piazza principale che ora, dopo il crollo degli edifici adiacenti, è tornato visibile, prima coperto dal bar di Alessandro, con cui parlo in occasione della mia visita ad Amatrice. Siamo seduti alla mensa con tutti i cittadini, che non possono più, per il momento, impiegare il metano e non hanno acqua calda. Si lavano «a pezzi». L’elettricità c’è. Si mangia tutti insieme in questo tendone sociale. Il pranzo è buono, ci sono, a scelta, due primi, due secondi, il dolce, le bevande, ed anche cibo per celiaci. Ci sono anche varie televisioni dalle quali è trasmessa musica. Ogni settimana a rotazione si installa sul posto la Protezione civile di una Regione differente, a me tocca la Toscana. Sono ospite per un caffè con macchinetta elettrica a casa di Rinaldo e Amalia, quasi in centro eppure non scalfita dal terremoto: dalle grandi vetrate si possono vedere le montagne innevate in una giornata fredda in cui ad Amatrice le minime registrano un grado. Rinaldo, barbiere, taglia i capelli ad un cliente nel suo camper, adibito a negozio.

La mensa nella tendopoli di Amatrice

Ora le tendopoli sono state smantellate, tranne quella di Campo Saletta, a 15 chilometri da Amatrice, e sono partite le picchettature per le abitazioni a tempo che, mi dice il sindaco Sergio Pirozzi, saranno consegnate entro Pasqua, non oltre. Rinaldo e Amalia hanno perso gran parte della famiglia, ma non la loro figlia, quindi sorridono. La andiamo a prendere a scuola, quella scuola che è stata donata dal Trentino grazie alla veloce mossa del sindaco che, subito dopo il terremoto, ha parlato con la Protezione civile della Regione e si è immediatamente accordato per la creazione del cosiddetto «Campo Trentino», una scuola colorata e sicura che ha consentito ai bambini di cominciare regolarmente le lezioni. Il liceo, invece, al momento è ospitato dal Palazzetto dello sport, ma presto sarà spostato nei nuovi moduli che sono in costruzione all’interno dello stesso Campo Trentino, dove presto giungerà anche Save the Children con altri progetti di emergenza relativi ad un parco ricreativo che include anche campi di tennis e di calcio.

I residenti si recano dallo psicologo quasi tutti i giorni, a ritmi cadenzati, e i bambini hanno anche interventi terapeutici di gruppo. L’approccio impiegato è l’Emdr, acronimo per Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ossia la desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari, utile a risolvere i problemi connessi al disturbo post traumatico da stress focalizzandosi esclusivamente sul ricordo dell’esperienza traumatica: si tratta di un protocollo che si sviluppa in varie fasi di ricordo e rievocazione delle esperienze negative, nel tentativo di far abituare (desensibilizzare) il paziente ai ricordi traumatici, distraendolo (rielaborazione adattiva del ricordo) con movimenti ritmici degli occhi oppure con tamburellamento delle dita o stimolazione sonora.

È una giornata comunque positiva: il Governo ha emesso, l’11 ottobre, un decreto contenente interventi a favore delle popolazioni colpite dal sisma. Beneficiari dei contributi saranno tutti i cittadini delle regioni Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria, che hanno subito un danno documentato ad abitazioni ed attività produttive a causa del sisma. Per una ricostruzione e un rilancio dell’economia efficaci, sono state scelte delle aree all’interno delle quali si sono concentrati gli sforzi per la ricostruzione, coprendo per le aree interne al sisma al 100 per cento i danni ad abitazioni principali (prima casa), attività produttive, finanche abitazioni non principali (seconda casa), mentre per tutti i danni puntuali fuori dalle aree definite il 100 per cento per le abitazioni principali e per le abitazioni non principali (in questo caso nei centri storici e nei borghi caratteristici), e per le attività produttive il 50 per cento per le abitazioni non principali al di fuori dai centri storici e dai borghi caratteristici.

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La “zona rossa”, ossia la zona che non c’è più

La trasparenza è stata messa al primo posto: la Banca pagherà con risorse dello Stato direttamente i professionisti e le imprese che hanno eseguito i lavori di ricostruzione senza bisogno di nessun anticipo da parte del cittadino. Le imprese devono essere iscritte nelle cosiddette «white list» e devono essere in regola con tutti gli adempimenti di legge. Il beneficiario presenterà domanda e documentazione all’Ufficio speciale per la ricostruzione, che verificherà tutti i requisiti e la congruità del progetto e del contributo che verrà concesso con decreto del vicecommissario. Saranno predisposti controlli e verifiche sull’andamento dei lavori. Per favorire il rapido rientro nelle abitazioni e la ripresa delle attività produttive negli edifici con danni lievi è prevista una procedura semplificata. L’unico adempimento a carico del cittadino beneficiario consiste nella scelta della banca di riferimento. Saranno integralmente coperti i costi per la riparazione di tutti gli edifici e le opere pubbliche, i beni culturali e gli edifici di culto, ed attivato un sistema rafforzato di controllo dell’Anac, l’Autorità anticorruzione, sulle procedure di gara.

Sono previste misure di sostegno per tutte le attività economiche nell’area colpita dal sisma per le quali sarà predisposto, con il meccanismo delle aree interne, un programma di rilancio e sviluppo. Sono altresì previste misure di sostegno al reddito dei lavoratori che hanno momentaneamente perso il lavoro a causa del sisma. Per la popolazione e le imprese delle aree colpite è previsto il differimento e la rateizzazione degli adempimenti fiscali e contributivi. La governance della ricostruzione è costituita dal commissario straordinario (Vasco Errani), quattro vicecommissari straordinari (presidenti delle Regioni), quattro comitati istituzionali composti dai presidenti delle Regioni, dai presidenti delle Province e dai sindaci interessati. In ogni Regione è costituito un Ufficio speciale per la ricostruzione composto da ciascuna Regione e dai Comuni interessati. L’Ufficio speciale per la ricostruzione si occupa del rilascio dei contributi, dell’istruttoria della pratica, dei titoli abitativi edilizi e della gestione delle opere pubbliche relative alla Regione di competenza.

Intanto il Consiglio comunale ha approvato il regolamento per l’erogazione di contributi straordinari per i lavoratori: mille euro per i titolari di attività, 800 per i lavoratori dipendenti e 500 per i liberi professionisti, che saranno erogati con un assegno mensile fino a un massimo di sei mesi e solo a coloro che non hanno altre fonti di reddito.

Alla zona rossa, il centro di Amatrice, completamente raso suolo, si accede solo con il casco ed un’autorizzazione. Un corpo è stato inviato in Romania per errore: si pensava appartenesse all’inquilino del piano di sopra. Ma ora è tornato a casa, una casa che non ha più.    (ROMINA CIUFFA)




QUARTETTO D’ELICOTTERI

di ROMINA CIUFFA (pilota di elicottero ed aereo). Pubblicato su AVIAZIONE SPORTIVA, aprile 2009. Questo è un volo e noi stiamo tutti volando. Ed è un sogno e noi stiamo tutti dormendo: lo ha fatto un visionario, il tedesco Karlheinz Stockhausen, eccentrico, narcisista, pur sempre Stockhausen, padre dell’elettronica moderna, uno dei più grandi compositori del XX secolo. «Questo brano è dedicato a tutti gli astronauti del mondo», asserì messianico quando lo consegnò al violinista Irvine Arditti, che gli aveva chiesto un quartetto d’archi, un genere che lui non avrebbe mai scritto. Poi sognò violini e rotori, un ritmo serrato, le pale di un elicottero al pari di violini. E sia: un quartetto d’elicotteri.

Scrive Stockhausen: «Ebbi un sogno: ascoltavo e vedevo l’immagine di quattro esecutori che suonavano in quattro elicotteri in volo. Nello stesso tempo vedevo un pubblico numeroso in una sala di proiezione e altre persone in piedi, fuori dalla sala, in una grande piazza all’aperto. (…) Per gran parte del tempo i quartettisti suonavano tremolii che si mescolavano benissimo con i timbri e i ritmi delle eliche e dei motori degli elicotteri, utilizzati come strumenti musicali. (…) Quando mi risvegliai ebbi viva la sensazione che mi fosse stato comunicato qualcosa dal cosmo di cui non dovevo svelare nulla». Nasce così uno dei maggiori e più complessi lavori musicali mai realizzati, l’Helicopter String Quartet, e diviene la terza scena del Mercoledì, parte della monumentale opera lirica Licht, esagerata, tra le più voluminose mai scritte nella storia della musica e anche esemplare interesse di Stockhausen per la cosmologia, le formule matematiche, le proporzioni geometriche e le allegorie. Nelle sue intenzioni, Mittwoch rappresenta il rapporto tra conflitto e riconciliazione, nel Quartet è il percorso dalla terra al cielo, un viaggio dal terrestre verso l’utopia. I tre caratteri principali del ciclo (Nascita, Conoscenza e Morte) scelgono il teatro del cielo per mettere in scena la metamorfosi che dallo stadio terrestre della Guerra porta all’utopia celeste della Solidarietà.

«I musicisti all’interno dei quattro elicotteri – precisa Stockhausen – devono seguire il ritmo dei motori e delle pale: sono dunque i piloti ad influenzare il tempo dell’esecuzione. Di tanto in tanto i quattro solisti si ritrovano ad eseguire lo stesso ritmo anche se sono isolati e si trovano a qualche chilometro di distanza l’uno dall’altro». In questo modo gli elicotteri divengono strumenti musicali e le pale corde accordate. Il cielo, uno studio di registrazione. In prima mondiale il 26 giugno 1995 quando, nel corso dell’Holland Festival, volarono sulla città di Amsterdam i quattro elicotteri stockhauseniani, arancioni; oggi, per la terza esecuzione mondiale, sorvolano Roma e decollano dall’Auditorium nell’ambito del Festival delle Scienze i violinisti del Quartetto Arditti (due violini, una viola e un violoncello), audaci interpreti di un sogno. Visionari quanto il loro creatore. Il cielo è piovoso al pari dell’inconscio stockhauseniano.

Lui aveva previsto tre microfoni: uno per lo strumento, uno per la voce, il terzo all’esterno, accanto alle pale, ad afferrare il suono del motore, dell’aria, del volo. Gli altoparlanti della Sala Sinopoli restituiscono un rombo, mentre sullo schermo all’interno dell’Auditorium si disegna l’immagine dell’elicottero che si stacca da terra. Quindi, altri tre elicotteri si uniscono e il quartetto degli angeli meccanici traccia un grande cerchio nei cieli di Roma per far “diventare musica un battito d’ali”. Lo schermo si divide in quattro, uno per elicottero, uno per musicista. L’evento è presentato a terra dallo scienziato Piergiorgio Odifreddi che parla di sogni, cieli, angeli e dei calcoli matematici usati per far scorrere il suono nello spazio. Uno dei quattro elicotteristi impegnati è Gianni Bugno, due volte campione mondiale di ciclismo, oggi appassionato di volo: è pilota di elisoccorso ed è stato pilota dell’elicottero di ripresa del Giro d’Italia 2008. L’esibizione è di 18 minuti e 36 secondi. Le voci sono indicate negli spartiti in quattro diversi colori, come le camicie dei quattro artisti; la partitura è complessa, affatto orecchiabile – stride – e gli strumenti non hanno un procedimento melodico definito. Un delirio.

Si diventa Stockhausen tutte le volte che si realizza l’irrealizzabile, che si dà spago a un sogno. Quando si hanno deliri di onnipotenza («Sono stato istruito su Sirio e ci ritornerò anche se vivo ancora a Kürten»). Quando ci si stacca dalla pista e si decolla, fino a quando non si tocca terra ancora. Questo quartetto d’elicotteri dà atto dell’inafferrabilità di un suono sordo, di una sviolinata senza armonia, dell’assordante pesantezza dell’essere, passeggeri a bordo dell’elicottero di un genio; imita con il suono degli archi e delle pale il linguaggio del cosmo; si addentra nell’immaginifico. Sognare di volare si lega al simbolismo della salita, della discesa e della caduta; Freud vedeva nel volo onirico l’espressione di un desiderio fisico non soddisfatto nella realtà. Stockhausen lo ha avverato, in qualche modo. Che ciò sia di spunto anche per il più grande dei sonnambuli.  (ROMINA CIUFFA)

Anche su AVIAZIONE SPORTIVA (diretto da Rodolfo Biancorosso) – aprile 2009